Franz Brentano sin dal 1859 si reca a Münster per sentire le lezioni di Franz Jakob Clemens, considerato l’iniziatore della Neoscolastica tedesca; poi decide di conseguire sotto la sua guida il dottorato in filosofia con un lavoro su Suarez; inoltre, nella stessa città, dove rimarrà fino al marzo 1861, intrattiene proficui e frequenti rapporti personali e scientifici con Christoph Bernhard Schlüter, maestro dello storico della neoscolastica C. Baeumker e precursore di Hermann Ernst Plassmann e Joseph Kleutgen.
Nell’ arco di tempo che copre gli anni della sua formazione e perlomeno quelli del suo insegnamento a Würzburg (1866-1873), Brentano ha di mira un progetto di rinnovamento del tomismo, attraverso una «nuova comprensione di Aristotele». I principali documenti che ci permettono di identificare e riconoscere con chiarezza questo programma sono costituiti soprattutto da alcune lettere che egli scambia, tra il 2 giugno 1861 e il 16 febbraio 1863, con Christoph Bernhard Schlüter e inoltre dalla corrispondenza intercorsa tra la poetessa Luise Hensel – fedele amica di Clemens Brentano e della zia di Franz, cioè Frau von Savigny nata Gundel Brentano – e lo stesso Schlüter e sua sorella Therese. Da questi scambi epistolari vien fuori che il giovane si reca nel semestre estivo del 1859 a Münster per farsi «introdurre più a fondo nel pensiero di Tommaso d’Aquino» da Clemens e si rivolge, tramite la propria madre Emilie Brentano nata Genger che a sua volta lo raccomanda alla poetessa Luise Hensel, a Schlüter per aiuto in tal senso. Con quest’ultimo Brentano avrà frequenti e regolari contatti personali durante tutto il periodo della sua permanenza nella città della Westfalia, dove rimarrà non un solo semestre, come era nel suo progetto iniziale, ma perlomeno fino al 15 marzo 1861, nonostante il suo maestro Clemens nel frattempo cada gravemente ammalato e si rechi nel sud della Francia per riposarsi e curarsi. Schlüter, da parte sua, intuisce appieno il valore e si ricorderà sempre con grande simpatia e stima di Franz Brentano e delle piacevoli, lunghe e fruttuose, ore trascorse con lui discorrendo soprattutto di Baader e Suarez. Il 23 maggio 1859, scrivendo alla propria sorella Therese, sposata Junkmann, ne parlerà come di un giovane garbato, dal carattere amabile, di indubbia intelligenza e grande capacità, versato in tutte le discipline dello spirito e delle scienze, che coglie il nocciolo delle discussioni senza bisogno di tanti giri di parole e col quale è molto piacevole stare insieme e discutere. Tre mesi più tardi, e cioè il 23 agosto dello stesso anno, parlerà di incontri regolari con lui, seguiti da letture di testi filosofici e discussioni. Infine, il 17 aprile 1863, in una lettera indirizzata a Luise Hensel, dirà di aver ricevuto il libro di Franz Brentano sui molteplici significati dell’essere in Aristotele e di averlo trovato un lavoro esemplare.
Lo stesso Franz Brentano non è da meno nel tessere elogi a Schlüter e, in particolare, a Clemens. Tanto che, da Münster in data 31 maggio 1859, rivolgendosi alla zia Kunigunda von Savigny, nata Brentano, scrive dei suoi progetti e sui motivi di fondo della propria permanenza nella locale Università e haparole di alto elogio nei confronti di Clemens.
Clemens in questa lettera trova un’immagine significativamente privilegiata ed è indicato senza mezzi termini da Brentano come il filosofo che, più di ogni altro, gli trasmette «profondo rispetto e fiducia» ed è perciò in tutto e per tutto il «professore dei miei desideri». E Clemens, nella sua interpretazione di Aristotele, esplicitata soprattutto in un saggio – apparso anonimo, ma a lui sicuramente attribuibile -, in “Katholik” del 1858 e come scritto di fondo che inaugurava la nuova serie della rivista, di cui egli era il filosofo più rappresentativo, intitolato Unser Standpunkt in der Philosophie, aveva già indicato le linee programmatiche di una ripresa della Scolastica, suscitando un ampio dibattito nell’ambito del cattolicesimo tedesco.
Questa attività scientifica di Franz Brentano si inseriva nel clima culturale e religioso che aveva uno dei suoi centri propulsori nel seminario vescovile di Mainz – attorno al vescovo Ketteler -, e intendeva opporsi, con il ritorno al pensiero della Scolastica, alla filosofia idealistica vista come espressione sia del Protestantesimo liberale sia del movimento nazionalistico tedesco. Il giovane filosofo si muoveva qui nella linea, mediatogli anche da Trendelenburg, che sin dalla fine degli anni 50’ caratterizzava i suoi studi, cioè l’interesse congiunto per Aristotele e per il suo insuperato commentatore san Tommaso. Aveva seguito, infatti, nel 1858 e per un semestre le lezioni a Berlino dello studioso dello Stagirita e poi si era sempre di più accostato, dietro suo impulso, ai commenti dell’Aquinate “nei quali Aristotele si trova esposto con maggior esattezza di molti commentatori posteriori”. Le stesse sollecitazioni le aveva ricevute dal proprio contesto familiare, in particolare dal padre Christian, legato da rapporti di stretta collaborazione al circolo di Mainz, al vescovo Ketteler oltre che a Christoph Moufang e Johann Baptist Heinrich (1816-1891), che avevano assunto la redazione della rivista „Katholik“ – diventata, proprio per la loro direzione, espressione e organo del movimento neoscolastico tedesco -, ben presto entrata in rotta di collisione in particolare con la Scuola di Tubinga e con la rivista „Tübinger Theologischer Quartalschrift“ che si ispirava all’Idealismo tedesco. „Katholik“, poi, in generale, avversava la filosofia moderna in quanto essa mira a perpetuare l’eredità della Riforma protestante, «radice di ogni errore», di ogni forma di soggettivismo e di confusione e, perciò, bisognosa di essere sanata attraverso il ricorso alla chiave ermeneutica fornita dalla Scolastica che consente anche una adeguata e corretta comprensione della filosofia antica.
In questo milieu culturale, Aristotelismo e Tomismo non soltanto finiscono con l‘essere inscindibili, ma l’Aquinate viene visto come l’autore che ha portato a compimento il frutto più maturo della filosofia greca, integrandola all’interno della verità cristiana, in uno sviluppo storico che ha condotto conduce alla elaborazione e alla articolazione della philosophia perennis, cioè ad una concezione in cui la filosofia, la scienza e la teologia non vengono più intese come storicamente condizionate, bensì da Clemens e dalla direzione della rivista „Katholik“ caratterizzate nei termini di un vero e proprio sistema. Per usare le parole di Clemens, in sintonia con le posizioni espresse negli stessi anni in Italia dalla „Civiltà cattolica“, la Neoscolastica è da considerare come quella filosofia erede della antica sapienza, che passata attraverso il filtro dell’attività di mediazione e sistematizzazione dei Greci, è stata poi «completata e sviluppata in accordo con la rivelazione», e nello stesso tempo illuminata e resa fruttuosa, al punto che essa ha assunto «una forma quasi matematica, rigorosamente scientifica fino a diventare la dottrina universale delle Scuole cattoliche […] che ha riunito in sé la sapienza del nuovo mondo cristiano con quella antica e portato avanti la tradizione scientifica»). Tuttavia, l’adesione alla Neoscolastica questa adesione non è da intendere in maniera acritica, come se si trattasse di seguire in tutto e per tutto san Tommaso, «in tutte le sue dottrine ed in maniera esclusiva […] senza prendere in considerazione i Padri e gli altri esponenti della Scolastica», senza come se nel suo pensiero non ci fosse «nulla da cambiare, da migliorare o da integrare, ed esso fosse bastante a risolvere tutti i problemi del presente e noi non avessimo più nient’altro da fare che riproporlo, farlo accettare e introdurlo nelle Scuole».