Heinrich Denifle

Franz Brentano e Heinrich Denifle: At Aristotle’s school

  1. Il rapporto Denifle – Brentano

        La larga riscoperta e diffusione del pensiero di Franz Brentano (1838-1917), in Italia e all’estero[1], stimola a verificare la centralità e la vitalità della sua presenza non puramente accademica in una sempre più vasta cerchia di lettori e di discepoli. Tutto questo apre la via ad un concreto e sempre maggiore apprezzamento del pensiero di alcuni suoi allievi cattolici come Ludwig Schütz[2], Georg von Hertling[3], Herman Schell[4], ecc., prima sospinti in secondo piano e che invece oggigiorno riacquistano rilievo e spazio culturale, filosofico e teologico. In quest’ottica rientra anche il confronto con l’insigne medievista, archivista, studioso della mistica tedesca e di Lutero[5], Heinrich-Suso Denifle O.P. (1844-1905)[6], che, com’è noto, nel settembre del 1861 entrò nel convento di Sant’Anna di Graz (Austria) per essere accolto nell’Ordine dei Frati Predicatori e come compagno degli ultimi mesi di noviziato ebbe Franz Brentano, «hervorragender Aristoteleskenner»[7] ammesso nella stessa comunità il 18 giugno 1862 con il nome di Frater Angelicus e uscitone il 25 settembre dello stesso anno propria voluntate[8].

      Questa con-vivenza, a detta di qualche studioso, fu forse «sufficiente a suscitare nel Denifle una grande simpatia per lo Stagirita»[9], al cui studio egli attese sin dagli inizi della sua formazione «con grande applicazione e profitto» e, inoltre, con una «temuta interpretazione personale dello Stagirita, in opposizione con quella di S. Tommaso»[10]. Tuttavia, ad eccezione di questi ed altri sporadici accenni[11], il problema del rapporto Denifle – Brentano è stato e viene tuttora tranquillamente relegato nel dimenticatoio, anche se lo stesso Brentano a suo tempo aveva pubblicamente annoverato il giovane domenicano tra i suoi discepoli, come tra l’altro è stato chiaramente messo in rilievo in un’opera uscita qualche decennio addietro sull’attività scientifica ed ecclesiale di alcuni docenti dell’Università di Würzburg – tra i quali figurava anche Brentano – prima e durante il Concilio Vaticano I[12]. Risalta perciò ancora di più questa lacuna conoscitiva, che resta tutta da colmare, tanto più che un autorevole storico della teologia e profondo conoscitore delle cose domenicane come il p. Angelus Walz O.P., nel parlare del domenicano Denifle, afferma tranquillamente, esprimendo sotto questo aspetto quasi una communis opinio, che egli non appartenne a nessuna scuola di pensiero e, quindi, giunse quasi per puro caso, cioè da autodidatta, agli studi sulla Scolastica e sul Medioevo in genere[13].

     Affermazioni come questa ci danno la misura dei fraintendimenti che tuttora condizionano la lettura della pagina dello studioso domenicano. Occorre, dunque, quasi un’inversione di rotta, che consenta un confronto sine ira et studio col dato testuale – documenti vari, opere edite e non, carteggi, diari, memorie – per poterlo esplorare con cura filologica ed oggettività, preludio di un nuovo impegno interpretativo-ricostruttivo. Questo lavoro pre-giudiziale merita di essere approntato per evidenti ragioni oggettive, ma innanzitutto perché le opere scientifiche di Denifle non possono essere passate sotto silenzio, nonostante in alcune di esse compaiano eccessi di stile e di interpretazioni, e talvolta persino aspre polemiche. Infatti, i suoi contributi ai vari aspetti della storia del periodo compreso tra il 12 e il 16 secolo, allo studio della mistica medioevale e della Scolastica in generale e, in particolare, alle vicende delle Università medioevali, sono stati decisivi e su di essi si è innestata, e non di rado, la ricerca ulteriore. La stessa ricostruzione della figura e dell’opera di Lutero, nonostante i toni più che aspri, basterebbe a dare prestigio al nome di Denifle la cui statura viene oggi sempre più riconosciuta[14].

       2. Il carteggio

       Lo stretto rapporto, personale e scientifico, che ben presto si instaurò tra il giovane Domenicano e Brentano, e non venne meno neanche dopo la decisione di quest’ultimo di lasciare il convento di Graz e poi, dopo il suo rigetto della formale definizione del dogma dell’infallibilità, può essere in parte documentato e nei suoi tratti essenziali chiarito da un carteggio inedito, purtroppo incompleto, di cui è in preparazione l’edizione critica e la pubblicazione a cura dell’autore di queste pagine. Esso costituisce una fonte documentaria finora mai utilizzata, di fondamentale importanza per poter comprendere le posizioni iniziali di Denifle e nello stesso tempo utile per integrare la conoscenza, ancora non del tutto lumeggiata in tutti i suoi vari aspetti ed implicazioni, della produzione di Brentano attorno agli anni del Concilio Vaticano I (1870). Ad esso, quindi, è possibile fare ricorso per ri-esaminare e correggere in alcuni punti fondamentali non pochi equivoci che si sono venuti addensando sul pensiero dei due studiosi tedeschi, dovuti nel migliore dei casi ad un clima di deplorevole indifferenza verso il ruolo e l’importanza del ricorso alle fonti archivistiche in sede di storiografia filosofia.

       Si tratta, in concreto, di uno scambio epistolare che comprende l’arco di tempo racchiuso tra il 22 novembre 1867 e il 7 agosto del 1871. Le lettere, complessivamente 14, sono tutte di argomento filosofico e teologico, anche se forniscono copiose e dirette informazioni circa le reali intenzioni di Denifle, i suoi studi iniziali, le sue letture e la sua collocazione spirituale e scientifica all’interno dell’Ordine dei Frati predicatori. Purtroppo, tranne una del 5 maggio 1869, quelle finora ritrovate, conservate in microfilm presso la Forschungsstelle und Dokumentationszentrum für Österreichische Philosophie di Graz, sono scritte in Current di proprio pugno da Heinrich Denifle e inviate a Brentano.

      Denifle, sin dagli inizi della propria formazione, si rivolge a Brentano per antica e diretta conoscenza personale, ma soprattutto perché incoraggiato da un comune grande amico, cioè Franz Isidor Adler[15]. Infatti, nella prima delle lettere pervenuteci, indirizzata al filosofo di Aschaffenburg da Kaschau (l’attuale Kosice, già Ungheria superiore, adesso Slovacchia), datata 22/11/1867, dice: :« Auf Anrathen des P. Priors Ludwig…erlaube ich mir also wegen mehreren philosophischen Fragen mich an Sie zu wenden». Inoltre, per quanto riguarda i propri studi filosofici, afferma:

     «Die, mir so angenehme, wenn gleich ebenso schmerzliche Erinnerung an Sie, konnte die Länge der Zeit, u. die verschiedenen Variationen in derselben nicht schwächen. Trugen ja Sie selbst dazu bei, diese Erinnerung mehr u. mehr aufzufrischen, durch die freundlichen Grüße, die Sie uns durch hochw. P. Prior P Ludwig gütigst schickten; durch Ihr Werk über die Bedeutung des Seienden[16], in das näher einzugehen, ich nun mehr Zeit hatte, besonders aber durch Ihr neuestes Werk über die Psychologie des Aristoteles[17]. – Dieß letzte Werk besonders war es, das meine ganze Aufmerksamkeit auf Aristoteles lenkte, u. mich völlig überzeugte von der Wichtigkeit, ihn selbst, u. zwar in der Ursprache zu studieren. – Zudem gehe ich mit dem Gedanken um, vielleicht in einigen Jahren ein Werk „de unione hypostatica“ aus den thomistischen Principien entwickelt, u. worauf ich mich jetzt schon vorbereite, zu veröffentlichen….».

       In essa Denifle riconosce, quindi, ed esplicitamente a Brentano il merito, attraverso la lettura delle sue due citate opere sullo Stagirita, di averlo decisamente indirizzato verso lo studio e l’approfondimento dei testi aristotelici originali. Tale lettura suscita in lui, tra l’altro, il desiderio di redigere nell’arco di alcuni anni un’opera filosofica che risalga alla «Quelle, aus der s. Thomas selbst schöpfte» i suoi «Grundprincipien», con l’intento di verificare vari punti nodali del pensiero dello Stagirita ripresi e cristianizzati dalla Scolastica medioevale. A questo progetto, egli incomincia già a prepararsi concretamente e nel rivolgersi al filosofo tedesco gli pone varie questioni, raggruppate in tre punti e attorno a problemi filosofici di particolare rilevanza per la storia della cultura e della civiltà cristiana: per esempio, e in via preliminare, gli chiede se il pensatore greco:

     «1. fürs erste : kennt schon… die verschiedene Bedeutung von oÙs…a u. ØpÒstasij.

      2. Wie u. mit welchen Ausdrücken unterscheidet er essentia, existentia u. subsistentia. – Unterscheidet nicht schon er die subsistentia a natura; die subsistentia ab existentia u. die existentia ab essentia? – Gibt es darüber keine Vorarbeiten? Nimmt Aristoteles, wenn er wirklich den Unterschied angibt, die subsistentia nur als eine modus an, oder aber als eine ganz geschiedene Sache von der Natur? Und wenn dem so ist, lehrt er denn nicht auch, dass die Existenz mit der Natur nicht so geeinigt werden wie actus u. potentia, sondern in einem dritten, in der supposito? – Dass eine einzige Subsistenz alle vertritt, virtualiter, die Substanz sich als graduelle Subsistenzen deutet wird jedoch die subsistentia nicht unmittelbar mit der Natur vereinigt, ohne irgendeinen Sinn?»;

     3. inoltre, il giovane Domenicano si interroga come terzo punto se lo stesso Brentano, nella sua più recente opera, ossia Die Psychologie des Aristoteles (1867), «Seite 130… als das Princip der Individuation… die materia allein, oder nicht, auch wie die Thomisten sich ausdrücken, die materia, ut quantitate signata» prende.

     Ma non solo. Infatti, gli chiede anche di avere il riferimento preciso dei passi che riguardano gli aspetti e i problemi sui quali attende una parola di chiarimento : “Es wäre mir lieber, wenn ich auch die betreff. Stellen wusste”. Al progetto di ricerca, espresso nei punti fin qui sinteticamente esposti, e cioè riguardanti la trattazione che Aristotele svolge nel parlare dei concetti di oÙs…a, e‡do», ØpÒstasij, il rapporto tra essentiaexistentia e subsistentia, il principium individuationis e la materia, Denifle si propone quindi di dare concreta attuazione, puntando sulla comprensione e sulla costante guida del suo interlocutore, come è messo in evidenza da non poche affermazioni. Tanto che nel concludere il proprio scritto gli si rivolge dicendogli:

       «Meine letzte Frage wäre noch die: welchen Gang soll ich überhaupt nehmen betreffs des Studiums des Aristoteles, wie soll ich ihn studieren? Sie haben darin eine vieljährige Erfahrung. – Wie kann ich besonderes auch viel Gewandheit im Griechischen erlangen? – Stehen Sie mir also gütigst mit Ihrem guten Rath zur Hand».

      Inizia così un fecondo scambio epistolare, in cui il giovane Domenicano chiede a Brentano, e con insistenza, in che modo, e sulla base di quali edizioni greche e di quali traduzioni o commentari, deve incominciare a leggere Aristotele. E poi lo prega di fornirgli tutta la sua assistenza, mettendo a frutto la sua perizia filologica, filosofica e teologica, sulle questioni più disparate, e cioè : sul modo e gli strumenti più pertinenti per lo studio della lingua greca, della storia della filosofia e della teologia, di aspetti nodali del pensiero aristotelico, messi a confronto con i testi e i commentari medioevali ma anche con autori moderni; sulle opere che costituiscono i punti obbligati della formazione di un filosofo aperto e sperimentato. Egli pensa di poter ricorrere all’aiuto di Brentano, perché, per sua esplicita ammissione, il filosofo di Aschaffenburg gli si impone come la guida di un maestro stimolante e insostituibile[18]. Perciò gli si rivolge come «dankbarer Schüler und Freund»[19] e ammette che la lettura delle sue opere, edite e non, e delle sue risposte epistolari gli è utilissima, al punto da rendere la corrispondenza con lui «nützlich u. nothwendig» e da indurlo a chiedergli di avere, di tanto in tanto, le Abschriften delle sue lezioni universitarie, sobbarcandosi, tramite il sostegno economico del comune amico e priore, Franz Isidor Adler, l’onere delle spese di trascrizione del materiale richiesto[20].

      Tuttavia, e ripetutamente, prega anche Brentano di non rendere noto a nessuno il contenuto delle sue lettere. In data 24/V/1868, ad esempio, gli raccomanda : «was ich nun Ihnen schreibe, bitte ich Sie niemanden was zu sagen»; poi, il 25.2.1869, nel dargli notizia di un suo imminente viaggio a Roma per poter proseguire la propria formazione presso lo Studium generale della capitale, gli dice: «ich werde meine Briefe an Sie an hochw. P. Prior Ludwig in Kaschau schicken, der sie Ihnen übermitteln wird; u. Sie bitte ich, die Ihrigen an derselben hochw. P. Prior zu senden». A titolo di ulteriore precauzione, inoltre, gli chiede di non fare «keine Erwähnung der gegentheiligen Ansichten des hl. Thomas…um nicht irgendeinen Anstoss hiehin zu geben». Da Roma, infine, qualche settimana più tardi, e cioè in data 28.IV.1869, gli confida ancora una volta e palesemente propositi, dubbi e preoccupazioni, certo che le lettere che gli indirizza con lui saranno in mano discreta e sicura[21]. Il motivo delle lamentazioni e del timore che ciò che Denifle scrive possa venire a conoscenza di altri è dovuto al fatto che, per dirla con le sue parole : «ich mich wohl mein Leben lang nie so geistig gedrückt sah u. fühlte, als hier in Rom». Questo accade perché alla Minerva, cioè nel Collegium st. Thomae de Urbe, vi è un clima culturale e spirituale non solo non aperto alle novità, ma anzi opprimente e della cui effettiva gravità, paragonabile a quella prodotta da un “Krebsschaden”, nessuno sembra rendersi conto. Si è generalmente convinti che, per quanto riguarda l’essenziale, tutta la verità sia già stata detta da san Tommaso e sia sufficiente soltanto prenderne conoscenza e fare i conti con essa, cioè fare in modo che i suoi insegnamenti siano esplicitati e difesi senza posa in modo che rispondano continuamente alle nuove esigenze di volta in volta emergenti. L’Aquinate, in altri termini, è considerato il Maestro, perennemente valido, e la sintesi tomista viene rappresentata come lo stato scientifico della scienza filosofica e teologica, non più bisognosa di revisione ma soltanto di qualche ornamento. I Domenicani, perciò, secondo Denifle, non sono più in grado di avere reazioni costruttive, propositi di nuovo lavoro scientifico e tendenze che dovrebbero o potrebbero condurre ad un ulteriore rigoglio o progresso. Nelle loro scuole, nello studio della teologia morale come anche della dogmatica e della filosofia, utilizzano soltanto manuali che si limitano a riassumere e ad esporre pedantemente la Summa; il loro insegnamento si caratterizza così per la mancanza di un ammodernato ed efficace programma di ricerca. Tanto che, dopo le normali ore di lezione, nei cosiddetti Circuli Philosophiae u. Theologiae, gli studenti vengono quotidianamente radunati e abituati soltanto ad apprendere a memoria i vari articoli della Summa ed a difenderli con metodo sillogistico, cioè con sottili distinzioni e sottodistinzioni e così via, contro ipotetici critici. Ciò dà luogo ad un vuoto arzigogolare, ad un insegnamento sterile, cavilloso e controproducente, che non lascia più tempo per lo studio e per le ricerche personali. Perciò il giovane Domenicano, con animus apprensivo, conclude: «Ich habe mich nicht hieher verlangt, ich ging nur aus Gehorsam; u. so ist der Gedanke an das Kreuz Christi mein ganz einziger Trost».

       3. Il ruolo di Brentano

       Qual è il ruolo che Franz Brentano viene a svolgere in questo contesto? Dalle lettere finora reperite e trascritte emergono alcune considerazioni. In primo luogo, il filosofo tedesco introduce Denifle, sin dagli inizi della sua formazione scientifica, nello studio e nella interpretazione di Aristotele, soprattutto attraverso l’opera Die Psychologie des Aristoteles, ma poi provvede anche ad improntarne l’ulteriore fisionomia scientifica e culturale, incanalandolo e tracciandogli concretamente, di volta in volta, le linee entro cui lavorare. Col suo aiuto, infatti, il giovane Domenicano dapprima si propone di approfondire il concetto di sostanza in Aristotile e san Tommaso (24.V.1868), oltre che quello di anima (6.XII.1868), e viene introdotto nella frequentazione diretta sia delle principali opere dello Stagirita sia di alcuni dei suoi più autorevoli interpreti medioevali come san Tommaso e poi moderni come Bonitz, Brandis, Prantl, Trendelenburg (6. XII. 1868; 5. II. 1869; 25. II. 1869). In particolare, Brentano viene ripetutamente consultato, a proposito della prosecuzione del proprio lavoro, delle letture da fare e finanche degli autori da privilegiare : il suo influsso nel corso dello scambio epistolare sarà sempre più chiaro ed evidente e nello stesso tempo determinerà la configurazione e l’evolversi del successivo programma scientifico di Denifle. Lo scopo principale, per cui quest’ultimo si avvale dei consigli e della guida di uno studioso come Brentano, egregio aristotelico che si trova al vertice della ricerca scientifica del proprio tempo (28.IV.1869), è quello di poter risalire alla fonte da cui lo stesso san Tommaso ha attinto per inaugurare e svolgere la sua opera, cioè quindi l’intento di mettere in cantiere una collazione tra le posizioni dello Stagirita e quelle del Dottore Angelico (22.11.1867).

     Inizialmente, vi è comunque qualche esitazione, come emerge dalla prima lettera del 1867, in cui a Brentano si chiede se il suo modo di intendere la nozione di materia concorda o meno con quanto affermano i tomisti allorquando parlano di materia, ut quantitate signata e poi vengono fatti anche i nomi di alcuni significativi esponenti domenicani della Scuola tomista che andrebbero rivalutati come, ad esempio, quelli dello spagnolo Iohannes a sancto Thoma (1589-1644)[22], di Bern Mar. De Rubeis[23] e di F. Hier. De Medicis a Camerino. Poi, però, e cioè a partire dalla lettera datata 24.V.1868, Denifle lascia cadere l’intento di integrare lo studio di san Tommaso con posizioni ed elementi suscettibili di essere assimilati nella sua riflessione e si muove decisamente nell’orizzonte di “eine Apologie des hl. Thom. u. nicht der Scholastiker”. Si ripropone, in altri termini, di discutere criticamente e di respingere l’interpretazione secondo cui s. Tommaso avrebbe combinato arbitrariamente due “wesentlich separate Standpünkte”, e cioè “den christ-dogmatischen u. den aristotelischen; u. dieß besonderes in Betreff des Substanzbegriffs in der christl. Trinitätslehre”. In particolare, egli ritiene che l’Aquinate, in una così importante questione, non abbia applicato a Dio il concetto aristotelico di sostanza – benché non mantenga i due punti di vista distinti e ben separati l’uno dall’altro – e pensa di riuscire a dimostrarlo in modo esauriente, non soltanto ricorrendo alle due Summae, ma prendendo in considerazione tutte le opere tomane che trattano dello stesso argomento.

      Non a caso, le sue lettere successive al 24 maggio 1868 si caratterizzano per una crescente e sempre maggiore attenzione analitica alle tematiche aristoteliche e tomiste. In quella immediatamente dopo, datata 6 dicembre dello stesso anno, egli persegue con maggior forza lo stesso disegno e vuole assolvere il compito di portarlo a termine, instaurando con Brentano un rapporto di effettiva e dimostrabile dipendenza scientifica. Tanto che gli si rivolge soprattutto come discepolo e amico, ringraziandolo per l’interesse che mostra nei suoi confronti[24]; poi, gli confessa: “mein Wunsch wäre, u. wer weiß ob er nicht erfüllt wird…einmal mit Ihnen zusammenzukommen…um so Vieles derartige mit Ihnen zu besprechen”; inoltre, gli domanda con insistenza, o meglio öfter in dieser Beziehung, “Ihre Ansicht”, perché senza il suo aiuto si sente lasciato in balia delle onde quasi come “ein Schifflein” che “fährt allein auf dem Meere” ed è così “vielen Gefahren ausgesetzt”. Continuando, non trascura di sottomettere alla sua attenzione, come ormai di consueto, vari interrogativi: sull’idea di anima in Aristotele e le varie accezioni adoperate per esprimerla (e‡doj, tÕ t… Ãn eŒnai, lÒgoj), il cui uso gli sembra dar luogo ad una grande confusione (grosse Verwirrung)[25]; sulla correttezza delle interpretazioni che ne sono state date nel Medioevo da san Tommaso innanzitutto, e poi in epoca moderna da vari insigni specialisti dello Stagirita.

     La chiarificazione sistematica di questi concetti fondamentali, attraverso il ricorso diretto alle fonti[26], secondo Denifle, deve avvenire, ed è anzi la condizione essenziale, per poter intendere e precisare l’influsso avuto da Platone e da Aristotele nel pensiero cristiano elaborato durante il Medioevo, in particolare per quanto riguarda alcuni suoi aspetti nodali quali la Gotteslehre, il problema della sostanzialità e dell’immortalità dell’anima, in quanto forma corporis, primo fondamento o atto primo che determina il corpo. E proprio in questo contesto, il giovane Domenicano, rivolgendosi al suo interlocutore, afferma : “Ich bitte geben Sie mir eine Directive in Betreff der Gotteslehre des hl. Thomas” e non dimentica, poi, di avvertirlo che “In Betreff der Subsistentia bei aus und in Christo wie auch in Betreff Ihrer Lehre von der Vereinigung unserer Seele mit dem Leibe bin ich ganz mit Ihnen einverstanden“; inoltre, non trascura di consultarlo sia a proposito del rapporto in generale tra teologia e filosofia sia a proposito della dottrina platonica dell’anima e della sua inabitazione nel corpo[27]. Infine, come ultima domanda, gli chiede :”Wie soll ich es angehen in Betreff der vorsokratischen Philosophen… möchte es nicht genügen, irgendeine Darstellung ihrer Lehren zur Hand zu nehmen, u. welche? Dasselbe möchte ich wissen in Betreff der Reduktion der platon. Ideen auf die Zahlen u. a. in Betreff des Neuplatonismus.“

        A partire da questa lettera le prove, che corredano lo scambio epistolare col Brentano e documentano l’influenza esercitata da quest’ultimo nel giovane Domenicano, diventano sempre più numerose. E testimoniano un atteggiamento scientifico nuovo di fronte agli stessi testi di san Tommaso: Denifle nelle sue annotationes criticae precedenti, infatti, intendeva muoversi nello spazio di una apologia dell’Aquinate; ora, invece, tale progetto viene accantonato e il giovane Domenicano accoglie in pieno le posizioni del proprio interlocutore, rinunciando quasi alla propria autonomia di iudicium. Non a caso, nelle altre lettere è presente una costante e crescente richiesta di assistenza scientifica, poi di Abschriften di lezioni universitarie, Vorträge über Logik u. Metaphysik, ecc.. Il 2. II. 1869, ad esempio, Denifle ringrazia Brentano scrivendogli: ”wenn ich Ihnen heute schreibe, so geschieht es vor allem, Ihnen zu danken für die wissenschaftl. Antwort auf meinem Brief“, che „unterrichtet mich sehr…Ihre Vorträge über Logik u. Metaphys. würden freilich in hohen Grade zu Güte kommen. Vielleicht ist es Ihnen möglich von Zeit zu Zeit, Abschriften zukommen zu lassen. P. Ludwig sagte mir, er wird alles bezahlen“. In nota, poi, gli comunica che „die Abschrift von Gesch. d. Phil. ist noch nicht angekommen”.

     Si tratta, in quest’ultimo caso, di una Handschrift di lezioni – tuttora inedite, di storia della filosofia, tenute da Brentano a Würzburg nel semestre invernale dell’anno accademico 1866/67-[28], che Denifle menziona e chiede ripetutamente di poter avere a disposizione e utilizzare (2 febbraio 1869; 25 febbraio 1869; 28 aprile 1869; 21 settembre 1869). Nella lettera del 28 aprile 1869, inviata da Roma, nel ricordare di nuovo a Brentano l’invio della trascrizione delle lezioni in questione, dice che la cosa lo farebbe “sehr freuen” e gli procurerebbe “viel nützen”. Da Roma, dove ha modo di proseguire, sia pure per il tramite del p. Ludwig Adler, la corrispondenza con Brentano, poi gli esprime la convinzione che le sue risposte non solo gli saranno di notevole utilità personale, ma che anzi attraverso di esse lo stesso Ordine potrà accedere ad un progresso da cui ricavare un profitto ancora maggiore. Infatti, dopo essersi scusato dell’insistenza delle sue richieste e averlo pregato per l’ennesima volta di non comunicare a nessuno il contenuto delle proprie lettere, gli confessa : “ich aus Ihrer Ansicht u. Ihrer Räthe mir einen viel grössere Nützen für unseren Orden verspreche u. ohne Berathung mit erfahrenen Männern, die auf der Höhe der Wissenschaft der Zeit stehen, nie ein Besserwerden zu hoffen ist”. Quindi le spiegazioni di Brentano, secondo Denifle, dovrebbero consentire di procedere ad un rinnovamento della teologia e della filosofia così come esse vengono insegnate tra i Domenicani. Il motivo di fondo della crisi tra i Frati predicatori per Denifle è chiaro nelle sue linee e nelle sue motivazioni di fondo. Si tratta soprattutto del fatto che:

       „man sieht auch hier in der Minerva, im Collegium st. Thomae de Urbe ein, daß wir jetzt nichts mehr vermögen, daß die Dominikanerwissenschaft anders werden müsse. Allein, niemand sieht den Grund dieses Krebsschadens ein. Es sind wohl viele Ursachen, die mitwirken; allein der Hauptgrund scheint mir immer: daß man es für genug hält, mit st. Thomas anzufangen, u. mit ihm aufzuhören. Das Ultimum ist immer st. Thomas u. die Thomisten“ (28 aprile 1869).

      Quali possono essere le soluzioni a questa crisi e come può essere d’aiuto Brentano?

      In primo luogo, Denifle chiede costantemente a Brentano lumi e materiale, per cosi dire, didattico, come le Abschriften delle lezioni di logica, di metafisica e di storia della filosofia, ecc., ma anche consigli nel modo di affrontare lo studio della filosofia e della teologia e finanche della lingua greca. Sottopone, a tal fine, al suo giudizio tutta una serie di interrogativi riguardanti in particolare lo studio e l’importanza di Aristotele in ambito filosofico e teologico. E non solo mostra di apprezzarne l’aiuto e i consigli, ma accoglie e segue con rispetto le indicazioni che gli vengono fornite. Tenta, infatti, una ricostruzione dell’influsso di Aristotele nel pensiero teologico e filosofico medioevale e avverte il bisogno di approntare un ponderoso lavoro che ne chiarisca alcuni degli aspetti più rilevanti: per questa via, e sotto l’evidente influsso di Brentano, giunge però a mettere in questione l’autorità di san Tommaso e a voler reimpostare la stessa ratio studiorum domenicana. Cosicché, in definitiva, nelle sue lettere non solo sono chiare, ma anzi vi hanno un largo spazio, le tracce della presenza decisiva di Brentano.

    Brentano, da parte sua – ed è l’unica sua lettera finora ritrovata, benché Denifle accenni a varie lettere ricevute dal filosofo di Aschaffenburg e nonostante numerose ricerche d’archivio condotte in Austria e altrove-, gli risponde lungamente, in dieci pagine manoscritte, in data Würzburg 5 maggio 1869 (che qui di seguito riproduciamo quasi nella sua interezza), innanzitutto dicendogli che si tratta qui di individuare il modo e gli strumenti necessari al raggiungimento dello scopo che si prefigge Denifle, cioè al rinnovamento della ratio studiorum. Poi, concorda con la sua diagnosi sullo stato di indigenza in cui versano gli studi nell’Ordine dei Frati Predicatori, e infatti gli dice :”Sie wissen nach meinen frühern Briefen, wie sehr ich Ihre Ansichten über die Weise des Studiums des hl. Thomas theile“; e infine prosegue:

     «Da sie mich aber auffordern, bin ich gern bereit, so gut ich es in Kürz vermag, mich sowohl über diesen Punkt als über das Studium der Philosophie u. Theologie überhaupt nochmals auszusprechen. Da es sich hier darum handelt, die richtigen Mittel festzustellen, so müssen wir vor Allem den Zweck uns klar u. in s. ganzen Grösse verführen. Zweck ist aber mehr die höhere Wissenschaft. Zuerst also von der Herrin, dann von der Dienerin!

    Eine Definition über die Theologie kann ich mir ersparen, aber durch eine übersichtliche Eintheilung ihres ganzen Gebiets wird es mir vielleicht leichter u. volkommner möglich sie, – u darauf kommt es mir vorzüglich an – gegenüber allen verengenden Auffassungen in ihren vollen Besitz wieder einzuführen und ihr Reich zu entschränken.

     Ich scheide Hilfswissenschaften u. eigentliche, wesentliche Disciplinen.

     Diese Disciplinen sind im Allgemeinen 4:

    1. Topik (zum Verständnis bitte ich an die loci theologici Ihres Melchior Canos zu denken)

    2. Dogmatik (worein ich sowohl die Apologetik als eine spekulative Betrachtung der Geschichte vor und nach Christus vom Standpunkte e. Dogmatik einbegriffen wissen möchte)

   3. praktische Theologie (Moral, Pastoral, Kirchenrecht)

   4. poietische Theologie (wenn dieser dem Aristoteles nachgebildete Ausdruck erlaubt ist. Ich meine Liturgik u. christliche Kunst).

   Sie sehen leicht das Prinzip der Entheilung, eine Analogie zu den Theilen der Philosophie (Logik, theoret. Philos, praktische u. poietische Philos.) ist unverkennbar.

   Die Hilfswissenschaften zerfallen in 2 Gruppen:

   1. historische (Exegese, Patristik, Geschichte bes. der Kirche aber auch d. ausser-u vorkristlicher religiosen Instanze)

   2. spekulative (Philosophie)

   Mittelbar sind dann Hilfswissenschaften:

    Philologie u Naturwissenschaften.

    Ein Blick auf dieses grosse Gebiet genügt um zu zeigen, wie wenig das Studium des hl. Thomas, und wenn es zu einem noch so vollkommenen Verständnis führte, der ganzen Aufgabe der Theologie genügte. In jedem hat er sich zwar vielleicht irgendwie hervorgethan, seine Hymnen zeigen sogar mehr als einer Kenner der poietischen Seite der Theologie, er ist ja selber Künstler. Aber es ist offenbar, wie wenig auf manchen, ja auf allen gebieten seine Arbeiten erschöpfend sind. Nehmen wir selbst die Dogmatik. Die Apologetik ist bei ihm fast ganz unentwickelt, und einen Versuch, vom Standpunkte der Dogmatik, wie etwa Augustinus es anstrebte, die Welt u. die Geschichte aufzuhellen, suchen wir bei ihm vergebens, wenn er auch durch manches bedeutende Wort schon vorgearbeitet haben mag. Und doch ist ein solcher – so unvollkommen er, wie ich gern anerkenne immer bleiben wird – die Krone der speculativen Dogmatik. Die einzelnen Anordnungen Christi in der Kirche – Sakramente, Messe u.s.f. – weiss S. Thomas oft wundervoll zu deuten; es handelt sich darum auch die waltende Ordnung in der Geschichte, die ja wesentlich Geschichte Christi u. der Kirche ist zu verstehen. Nicht eine Philosophie der Geschichte ist möglich, von der umsonst die Philosophen träumen, wohl aber eine Theologie der Geschichte.

    Doch nicht jeder hat das ganze Feld einer Wissenschaft anzubauen, aus diesem Grund also wäre es nicht unbedingt nöthig, dass Ihr Orden etwas Anderes als die Werke der grossen Heiligen zum Gegenstand seiner Forschung machte. Aber ein andrer Grund macht dass die Folgen einer solchen Restriction in höchstem Grade unheilvoll sein würden.

   Glauben sie wirklich, dass wenn durch ein Wunder S Thomas bis zum heutigen Tage uns in frischer Kraft erhalten geblieben wäre, er nichts gethan haben würde, als Jahr für Jahr unverändert seine Summa vorzutragen? Ich glaube seine Vorlesungen würden weniger noch ihren Artikeln gleich sein, als meine diesjährigen denen die ich im letzten Jahre hielt, nicht bloss wegen der grossen Zeit, sondern wegen des grössern Geistes des Mannes, der seine frühern Arbeiten zu einem fruchtbaren Keim einer Entwicklung gemacht haben würde, deren gegenwärtiges Stadium die ursprüngliche Gestalt gar nicht mehr erkennen lassen würde.

    Noch mehr werden Sie mir hierin beistimmen, wenn Sie an das denken, was ich als Hilfsmittel der Theologie bezeichnete u. an die ungleiche Weise in welcher wir gegenüber dem 13sten Jahrhundert damit ausgestattet sind.

    Die Naturwissenschaften haben grosse, die Philosophie, es ist wahr, hat verhältnissmässig geringe Fortschritte gemacht, aber dennoch ist man in Stande, indem man noch willig von den Alten lernt, zugleich vielfach das Wort des Lehrenden zu corrigieren. Ich glaube nicht zu viel zu sagen, wenn ich mich anheischig zu machen verspreche, an mehr als 100 Stellen und an solchen, die von der aüssersten Wichtigkeit sind, theils Irrthum theils Mangelhaftigkeit des Beweises, die aus einer mangelhaften Ontologie entspringen, in der bewundernswerthen theologischen Summe nachzuweisen. Ebenso ergeben sich unzählige andere aus Mangel an exegetischen u historischen Kenntnissen. Hat ja S. Thomas, wie es jetzt wissenschaftlich nicht mehr angezweifelt werden kann, selbst in der Bestimmung der Materie u Form der Priesterweihe geirrt. Mit ihm irrte freilich fast die ganze Theologenschaft seiner Zeit u. noch Papst Eugen IV in seinem Decretum ad Armenos. Jetzt ist die Entscheidung leicht, da der unierte wie nicht unierte Orient weder die s. g. Form noch die angebliche Materie anwendet. Ebenso ist die Berufung auf Decrete, die von den betrügerischen Verfassern der pseudoisidorischen Decretalen, fabriziert sind, eine fortlaufende Störung u. manchmal scheinen diese unächten Documente die Ansichten des hl. Lehrers wesentlich bestimmt zu haben.

    Es ist also in keiner Weise möglich auf der Summa der Theologie, wie auf einer glückseligen Insel sitzen zu bleiben und Andern es zu überlassen mit dem Strom der Theologie weiterzufahren, indem nichts Besseres mehr zu finden und zu erhoffen sei.

    Ebensowenig ist es aber thunlich von den Vorgängern, wie von den Nachfolgern des hl. Thomas abzusehn. Es hat sich schwer an der Scholastik gerächt, dass sie wegen der Werke des Schülers des Studium des Meisters Aristoteles namentlich sich begeben zu können glaubte. Die Pflanze welkte u. starb ab, sie änderte ihren ganzen Charachter, seit sie von den Wurzeln getrennt wurde. Hätte man Aristot. studirt, so hätte man manches Missverständniss des hl. Thomas sich nicht zu Schulden kommen lassen, vielmehr einzelne Missverständnisse von ihm gegenüber der peripatetischen Lehre verbessert u. ihre Folgen beseitigt. Was hat man dem Heiligen für eine Ehre erwiesen, indem man ihn aus dem Boden der Geschichte herausriss, in der er wurzelt, und dadurch hinderte sich fruchtbar zu zeigen? Etwa die, dass deshalb kein Späterer über ihn hinaus gekommen ist? Leider war das eine der traurigen Folgen in vielen Beziehungen wenigstens, aber gewiss nicht ein Loos, wie es sich der Heilige wünschte. Wenn man aber vielfach noch nicht über ihn hinausgegangen ist, so wird man über ihn hinausgehen, denn die von ihm erforschte Wahrheit würde allmälig selbst ohne ihn wieder gefunden werden (wie denn in der neuen Philos. Manche Aristotel. u Thomist. Sätze wirklich unabhängig erneuert worden sind), was wäre nun das für ein Gewinn, wenn er veraltete ohne zur ganzen Wirksamkeit zu gelangen? – Doch hierbei ist unnöthig länger zu verweilen. Niemand ist gewiss so thöricht u menschenfeindlich, dass er die Fortschritte der Wissenschaft bei irgend einem Puncte aufhalten wollte, nur das möchte ich wünschen, dass jeder die Möglichkeit und Notwendigkeit des Fortschritts über jeden bereits erreichten Punct hinaus völlig begriffe.

    Was soll ich da sagen an der Stelle des hl. Albertus? – Man zeige mir, dass der Heilige diese Worte inspiriert vom hl. Geist gesprochen hat, und ich will glauben! Auf die blosse Autorität des Wortes eines Mannes hin kann man nicht eine Wissenschaft u ihre Methode gründen. Das hiesse die schwächste Beweisart zur fundamentalen machen. Ich aber muss gestehen, gar nicht oder doch nur als einen hyperbolischen Ausdruck augenblicklicher Entzückung gesprochen, schon darum, weil er seine Commentare zu Aristoteles zum Theil später als die entsprechenden des hl. Thomas geschrieben hat, u. in den Jahren seiner Kraft wenigstens – damals natürlich müsste er ein 80jahriger Greis gewesen sein – von einem solchen Wissensdurste war, dass eine ganze Summe von Summen, wie die welche Thomas schrieb, ihn nicht auf immer hätte stillen können.

    Was die Philosophie anlangt, so wollte ich zwar erst nach der Theologie von ihr sprechen, es gab sich aber, dass ich meine Meinung über sie und über die Möglichkeit sie ganz und exclusiv aus S Thomas zu gewinnen schon mit einfliessen liess. Ich füge darum nur kurz bei, dass auch insofern von ihr das Gleiche wie von der Theologie gilt, als ihre verchiedenen Zweige in sehr verschiedenen Masse von S. Thomas gepflegt worden sind. Selbst die Metaphysik, die doch das Herz der Philosophie ist, und deren Principien der hl. Lehrer zum grossen Vortheil seiner Theologie vorzügliche Aufmerksamkeit schenkt, so dass er sie fortwährend in den höchsten Fragen theologischer Speculation von Anwendung bringt, ist gewissen Seiten noch von ihm so gut wie gar nicht angebaut worden. Dies gilt insbesondere von dem Theol., der sich mit den Prinzipien der Erkenntniss befasst u. den schon Aristoteles im IV Buche s Metaphysik behandelt, die aber noch viel mehr in der neuren Zeit das Gebiet philosophischer Erörterungen wurde, um mich eines modernen Ausdrucks zu bedienen, von dem transcendentalen Theile der Metaphysik. Er ist gewissermassen eine Analogie zu dem, was die Apologetik für die Dogmatik ist, die Apologetik der Vernunft gegenüber dem Skepticismus u. Kriticismus, die aber weit entfernt bloss widerlegend zu sein manche ganz bedeutende positive Ergebnisse liefert und eine fruchtbare Behandlung der Ontologie wesentlich vorbereitet. Es ist wohl nicht ohne innern Zusammenhang, dass S. Thomas gerade diese beiden hier u. dort einander entsprechenden Theile der wesentlichsten Disciplin auf philos u. theol. Gebiete gemeinsam vernachlässigt hat. Er strebte nach einem wenigstens vorläufigen Abschlusse des Ganzen. Das grossartige Gesamtbild wollte er vor sich sehen, die genaue Ausführung, theils emendierend theils besser begründend, möchte dann die Zukunft geben. So geschritt er in Philos. u. Theol. über den apologetischen Theil hinweg zur positiven Darlegung des Systems fort, zumal in einer weniger als die unsre zum Skeptizismus u. Unglauben geneigten Zeit.

   Doch genug hievon! habe ich doch so lange mich bei diesem allgemeinen Bemerkungen aufgehalten, dass ich kaum mehr Zeit finde auf einige Ihrer Fragen zu antworten. Ich beschränke mich auf die mit dem eben Besprochnen zusammenhängen den allgemeinen, die Beantwortung der übrigen auf den nächsten Brief verschiebend. Wie sie selbst sagen, sind die 4 betreffenden Fragen eigentlich eine, u diese ist in dem Gesagten der Hauptsache nach erörtert. Gewiss ist der Thomismus der Schatten eines gewaltigen Namens geworden, gewiss ist jedes Partheivorurtheil mehr der Parthei als allen Andern zum Schaden, gewiss ist das Beharren bei einer einseitigen Bildungsweise der Theologen und die Einflössung des Misstrauens, manchmal möchte man fast sagen der Verachtung, wenn nicht gar des Hasses gegen alles Neue, schon weil es neu ist, ein Nachtheil u unter Umständen ein wissenschaftliches Verderben des Zöglings; u. auch das Disputieren mit leeren oft ganz willkürlichen Distinctionen, wodurch man oft die gegründetsten Einwände widerlegt haben will, und die ungegründeten nicht wahrhaft widerlegt u. so das Vortheil dass jede bedeutende Objection als Aporie bringt, verlustig wird, sowie der Gebrauch einer fremden Sprache mit Terminis die in den Zeiten der spitzfindigsten Spitzfindigkeit bei offenbarer Erstartung der Wissenschaft grossentheils gebildet worden sind, ist etwas, was, wie Sie mit Recht andeuten, von übeln Folgen sein kann. Aber ich bitte Sie vertrauen Sie auf Gott. Sie können nicht helfen, wenn Sie die Übelstände nicht recht kennen gelernt haben, u. Sie können Sie in keiner andern Weise so gut kennen lernen als wenn Sie sie in augenblicklich bittrer Erfahrung empfinden. Immerhin ist auch in anderer Beziehung Ihr, wie Sie schreiben, ohnehin nicht allzulanger Aufenthalt im Studium zu Rom, gewiss nicht ohne Nutzen. Der exclusiven Beschäftigung mit S. Thomas habe ich glaube ich bereits mehr Zeit gewidmet, als Sie auch nach diesem Jahre ihr gewidmet haben werden, u. ich bezeuge gerne, es war keine verlorne Zeit. Lassen Sie, nach Gottes Willen, im Augenblick Ihre andern Studien fallen, Sie greifen sie dann später mit dem Segen Gottes wieder auf, der Sie u. Ihren lieben Genossen, denn ich für s. Grüsse danke u. auch mich armen Menschen schützen u zum Guten führen möge».

   In sostanza, quindi, Brentano condivide pienamente con Denifle l’esigenza e la necessità di condurre oltre san Tommaso e la sua scuola il discorso relativo al rinnovamento della teologia e della filosofia. Cerca perciò di mostrare, sotto questo aspetto, al proprio interlocutore quanto sia inappropriato e soprattutto sterile il limitarsi e il fermarsi esclusivamente allo studio delle opere dell’Aquinate. E’ vero, egli continua, che quest’ultimo ha dato un contributo elevato ai vari aspetti del discorso teologico, persino per quanto riguarda la trattazione di una disciplina come l’innologia, ma è anche evidente quanto poco esaustivi siano stati e siano ancora di più oggi i suoi testi in tutti gli ambiti della speculazione filosofica e teologica. Ad esempio, l’apologetica in lui non è molto sviluppata; poi, la tematizzazione e la chiarificazione del problema della storia e del mondo, a partire dal punto di vista della dogmatica, così come cerca di svilupparla Agostino, la si cerca inutilmente in lui, eppure un simile compito costituisce il coronamento della dogmatica speculativa. Non tutti, certo, e questo vale come attenuante per l’Aquinate, hanno il compito di costruire l’intero campo di una scienza e perciò sotto questo aspetto i Domenicani non avrebbero la necessità di avere come unico oggetto del proprio insegnamento e del proprio studio qualcosa d’altro rispetto ai testi di s. Tommaso, ma vi è, comunque, un altro motivo che induce ad escludere una simile eventualità, e cioè le conseguenze di una tale restrizione sarebbero, e in sommo grado, funeste. Va da sé, infatti, che se lo stesso san Tommaso per ipotesi fosse vissuto fino ai nostri giorni non avrebbe mantenuto inalterata la sua Summa, ma proprio per la grandezza del suo spirito l’avrebbe sviluppata fino al punto da render irriconoscibile l’attuale stadio dell’opera pervenutoci. C’è da tener presente, poi, che rispetto al 13 secolo in cui egli visse e scrisse, secondo Brentano, le scienze naturali hanno fatto grossi progressi; e infine, ai nostri giorni è emersa tutta una serie di suoi errori, persino nella sua Summa, per quanto concerne, ad esempio, la determinazione della materia e della forma nell’ordinazione sacerdotale, il richiamo alle Decretali pseudo-isidoriane con tutte le implicazioni del caso, ecc.. Tutto ciò fa si che non sia in nessun modo possibile assidersi sulle sue opere come su di una isola felice, come se non ci fosse niente di meglio da fare e da sperare, e lasciare agli altri il compito di condurre verso altri lidi la teologia e la filosofia.

     La presa di coscienza di questa situazione deve, dunque, indurre a continuare il momento della ricerca; il che significa, secondo Brentano, che si deve spostare l’attenzione da certi aspetti dell’insegnamento di san Tommaso e soprattutto dalle degenerazioni della scuola tomista al maestro Aristotele e poi tener conto adeguatamente dei progressi dei tempi moderni. A tal fine, occorre re-inserire l’Aquinate sul terreno della storia dalla quale egli è stato sconsideratamente sradicato. Ne consegue che soltanto il ritorno, o meglio il ricorso, alle fonti aristoteliche, da cui ha attinto lo stesso Dottore Angelico, e il loro confronto esplicito con il milieu culturale della seconda metà dell’Ottocento, consente di comprendere come procedere ulteriormente, cioè di tener conto dei progressi della scienza moderna, perché :“ …Die Pflanze welkte u. starb ab, sie änderte ihren ganzen Charachter, seit sie von den Wurzeln getrennt wurde”. Questo spiega, ad esempio, come mai non ci sia stata possibilità alcuna di far fruttificare o meglio di far giungere a compiuta maturità il suo lascito filosofico e teologico. Il risultato è che, tra i suoi innumerevoli discepoli, nessuno ha veramente proseguito la sua opera scientifica. Tutto ciò ha dato luogo ad alcuni degli esiti più funesti, sicuramente non graditi e non voluti dallo stesso san Tommaso, delle vicende relative alla Wirkungsgeschichte della sua dottrina e della sua scuola. Occorre, allora, riconsiderare e riaprire la strada della ricerca, nella consapevolezza che c’è bisogno di un nuovo dissodamento della realtà speculativa teologica, perché “wenn man aber vielfach noch nicht über ihn hinausgegangen ist, so wird man über ihn hinausgehen, denn die von ihm erforschte Wahrheit würde allmählig selbst ohne ihn wieder gefunden werden (wie denn in der neuen Philos. manche Aristotel. u. Thomist. Sätze wirklich unabhängig erneuert worden sind)“.

     Lo stesso discorso vale, e a maggior ragione, per quanto riguarda la filosofia. Più precisamente, secondo Brentano occorre notare che certe parti della sua riflessione, come ad esempio quelle relative all’ontologia e alla metafisica, che è da considerare come il centro della filosofia, non sono state quasi per niente elaborate, e questo vale soprattutto «von dem Theil, der sich mit den Prinzipien der Erkenntniss befasst u. den schon Aristoteles im IV Buche s. Metaphysik behandelt, die aber noch viel mehr in der neuren Zeit das Gebiet philosophischer Erörterungen wurde, um mich eines modernen Ausdrucks zu bedienen, von dem transcendentalen Theile der Metaphysik“[29]. Il Dottore Angelico, è vero, intese dare una visione complessiva e unitaria del proprio pensiero nei suoi tratti più generali e volle lasciarne l’ulteriore esecuzione e il completamento o il parziale ritocco ai posteri, ma, nonostante tutto, è approdato ad una sistematizzazione della sua teoresi poco conforme alla mentalità dei nostri giorni che rispetto ai suoi tempi è maggiormente caratterizzata da scetticismo e incredulità. Invece, il tomismo nelle sue molteplici ramificazioni storiche è diventato l’ombra di un grande nome e ha relegato nel limbo, se non addirittura obliterato, ogni tentativo di introduzione di novità; si è rivelato, così, funesto ed ha avversato ogni rinnovamento solo per il semplice fatto di apportare qualcosa di nuovo. Perciò si è in grado e in dovere non solo di imparare dagli antichi, cioè da Aristotele e da san Tommaso in particolare, ma anche, e in vario modo, di correggere e integrare la loro parola, così da renderla fruttuosa e di rispondere veramente alle esigenze dei tempi moderni.[30]

       4. Denifle a Brentano

        La lettera di Denifle pervenutaci in risposta al testo brentaniano fin qui analizzato, è datata Wien 21 settembre 1869, cioè dopo il ritorno del giovane Domenicano in Austria, una volta conclusi gli studi a Roma e in Francia. In essa, il giovane Domenicano, dopo essersi scusato del ritardo nel rispondere alla lettera dell’amico, interlocutore e maestro, del 5 maggio 1869, ad un certo punto riconosce senza mezzi termini che la lettera di Brentano :

      “hat in meinen vielen Erfahrungen nur bestätigt, u. mir manche Grundsätze klarer gemacht. Ob ich aber durchdringe ist mehr als Zweifelhaft. Und doch habe ich auch in Frankreich in Erfahrung gebracht, dass auf keinen anderen Wege, als auf dem von Ihnen vorgeschlagenen an eine wissenschaftliche Bekehrung zu denken sei. Und der jetzige Gährungszustand in Deutschland trägt auch zur Unausführbarkeit das seinige zu. Ich verliere jedoch nicht den Mut, u. will nun mit Gottesgnade u. mit Ihrer treuen Hilfe mehr als früher arbeiten“.

     Qui si può constatare l’adesione piena di Denifle alle posizioni di Brentano, il quale scava ed estrae dal tomismo e dall’aristotelismo alcune proposizioni fondamentali e le fa fruttificare come un lascito di cui nutrirsi per evitare di prosciugarsi, con un odio contro tutto ciò che sa di nuovo, in un discorso vuoto e arido condotto spesso con distinzioni sterili e superficiali. Anche il giovane Domenicano, difatti, si colloca per sua esplicita e univoca ammissione in una posizione di punta, rompendo gli schematismi dei rigidi programmi correnti all’interno dell’Ordine, ed è perciò portato a tenere in giusto conto la via critica additatagli dal filosofo di Aschaffenburg, ritrovata ri-conducendo san Tommaso al suo fondamento storico e in particolare alle sue fonti aristoteliche, per la quale ci si deve mettere per fare progredire il discorso filosofico e teologico in un contesto – ben diverso da quello medioevale – caratterizzato da incredulità e scetticismo oltre che da un notevole progresso delle scienze della natura.

     Tutto ciò esige una re-impostazione del problema dei principi della conoscenza e anche una ricognizione circa la ricezione del pensiero di Aristotele in epoca medioevale e nei tempi moderni. E Denifle, perciò, per poter far fruttificare in proprio e in modo costruttivo le indicazioni di Brentano, lo interpella ripetutamente sulle letture da fare, sulle riviste scientifiche da prendere in considerazione, sui manuali di storia della filosofia da utilizzare e nelle ultime lettere inviategli gli pone alcune questioni: per esempio riguardo il rapporto che intercorre tra logica e psicologia, tra filosofia e teologia, ecc. Poi, gli rinnova la richiesta di avere la trascrizione delle Vorträge über die Geschichte der Philosophie u. Metaphys. e si addentra in considerazioni circa la dottrina della species sensibilis e della species intelligibilis presso gli Scolastici e in riferimento alla dottrina di Aristotele e in particolare al suo celebre testo De anima;inoltre, in una lettera del 12 dicembre dello stesso anno, chiede al proprio interlocutore il suo “geschärftes Urtheil” su di un’opera di Karl Rosenkrantz, cioè sulla Wissenschaft des Wissens. Così allarga lo spazio dei suoi interrogativi ad altri importanti ambiti tematici e ad altre questioni filosofiche tipicamente aristotelice quali il modo di intendere il Wirken des aristotelischen Gottes, la Tätigkeit Gottes intesa come causa efficiens, e il significato dell’intellectus agens, lamentando la loro mancata trattazione nell’opera di Rosenkrantz, nonostante che per quest’ultimo la loro analisi rivesta un ruolo fondamentale nella critica dello Stagirita alle dottrina delle idee platoniche. E così concentra il suo discorso sempre di più, nell’intento di verificare la presenza e la trattazione approfondita o meno di alcune tematiche di fondo aristoteliche, nello studio delle dottrine degli Scolastici e in uno dei più significativi esponenti della scuola hegeliana come Rosenkrantz, considerato un profondo conoscitore della filosofia antica, per “im Grossen u. Ganzen zu bestimmen, in wieweit seine Forschungen einen Fortschritt begründen, anderseits aber, inwieweit er davon entfernt sei“. A Denifle, in particolare, appaiono del tutto incomprensibili i paragrafi 149 e 150 della sua opera, “indem sie meinen bisherigen Anschauungen ganz fremd waren. Ebenso die damit zusammenhängenden Erörterungen desselb. Verfassers” (lettera del 12 dic. 1869). Per una chiarificazione più esaustiva di tutti questi problemi, perciò, prega Brentano di inviargli la trascrizione della sua Vorlesung di metafisica, confessandogli :”hätte ich doch Ihre Metaphysik, sie würde mir sicher in jedem Zweifel ein sicherer Führer sein. Wenn sie H. Stumpf geschrieben für sich hat, würde ich besorgen, daß sie hier sogleich abgeschrieben würde“. E la conclusione della lettera esprime la lusinghiera speranza che „möge sich Ihrer der gütige Gott bedienen zur Regenerierung der Philosophie in Deutschland“, con l’evidente auspicio quindi che Brentano, con l’aiuto della grazie divina, possa assumere un ruolo di guida nella stesso rinnovamento della filosofia in Germania. Le ultime due lettere, datate rispettivamente 17 gennaio 1870 e 7 agosto 1871, accentuano ulteriormente questa dipendenza filosofica e teologica nei confronti del filosofo tedesco, tanto che, rivolgendosi a Brentano, dice ad un certo punto apertamente :”Eines ist doch tröstlich in dieser Zeit auch neben dem höchsten Troste, daß man Genossen im Leiden hat, die mehr oder weniger dasselbe denken, fühlen u.leiden“ (lettera del 17 gennaio 1870). In particolare, la lettera datata München 7 agosto 1871, che chiude il carteggio pervenutoci, contiene per lo più riferimenti a tutta una lunga serie di testi brentaniani ricevuti o che Denifle chiede di poter avere a disposizione e utilizzare, come ad esempio alcune lezioni sull’ontologia, sulla filosofia trascendentale, sulle prove dell’esistenza di Dio o sulla Contingenz der Dinge. Un’altra lettera, ma del p. Ludwig Adler, amico intimo di Brentano oltre che di Denifle, del dicembre 1871, contiene ulteriori informazioni sul carteggio intercorso tra i due studiosi. In particolare, Adler nel rivolgersi a Brentano in occasione del 13 anniversario della propria conversione al cattolicesimo ad opera dello stesso Brentano, gli dice :”sei so gut u. antworte dem P. Heinrich bald auf seinen Brief; sprich aber niemanden davon, u. am besten ist es den Brief nach der Beantwortung zu vernichten”.

      Dopo questa data non si hanno più notizie di scambi epistolari tra i due interlocutori ed amici. Denifle, da parte sua, dopo aver superato l’esame di lettorato, ottenendo così la licentia docendi, ritorna nella Provincia Imperii O. P. di appartenenza, cioè in Austria, ed è subito assegnato al corpo docente del convento di Sabaria, ossia Steinamanger (Szombathely, in Ungheria), dove ritrova l’amico Adler come priore e gli viene affidato l’incarico di vicario, ma anche di insegnare filologia greca e filosofia ai novizi.[31] Gli inizi del suo insegnamento non furono, comunque, privi di problemi, come viene in parte documentato anche da alcune indizi e accenni che compaiono nelle lettere intercorse tra Brentano e Denifle, ma poi soprattutto come emerge da alcuni giudizi negativi inviati per iscritto dal p. Tommaso Anselmi a Roma al Maestro generale dell’Ordine dei Frati Predicatori, che per poco non ebbero l’effetto di estromettere del tutto Denifle da ogni attività didattica. Stando a quanto, infatti, riferisce Redigonda nel suo lavoro : «Poco mancò anzi che Denifle venisse escluso per sempre dalla cattedra. Il P. Anselmi, passando da Sabaria aveva fatto una triste constatazione : notò nel giovane lettore “una marcata disistima dei studi e professori dell’Ordine, una certa tendenza verso la filosofia e teologia tedesca ed un imprudente spirito di riforma”…»[32]. E di conseguenza si affrettò a riferirne, in data 21 ottobre 1869, al p. Maestro generale, P. Jandel, manifestandogli i propri timori. In altri termini, si “temeva che il P. Enrico non fosse per seguire S. Tommaso nell’interpretazione di Aristotile”[33]. Questo stesso atteggiamento critico, messo in rilievo da Adler e da Anselmi, condusse l’anno successivo il Denifle a nutrire delle forti riserve contro la promulgazione del dogma dell’infallibilità del Papa, anche se allorché esso venne formalmente definito egli si sottomise alle decisioni magisteriali[34]. E, quindi, contrariamente alle apprensioni del p. Anselmi, non si verificò alcuna rottura dottrinale: Denifle continuò ad insegnare e, una volta concluso l’anno scolastico a Sabaria, venne richiamato a Graz, dove per dieci anni, cioè fino al 1880, figura nel corpo docente come insegnante di varie discipline e di volta in volta svolge gli incarichi di pro-bacelliere, bacelliere degli studi, e per due volte consecutive di sub-priore del convento domenicano[35]. Il 2 settembre 1877 sostenne e superò brillantemente a Roma l’esame ad gradus. Tuttavia, nonostante la sua preparazione e le sue non comuni doti intellettuali, non si occupo “mai seriamente della scuola”, tanto che dovette “essere quasi sempre supplito” [36] e non solo il priore del convento di Graz, P. Anselmi, ma anche il priore di Vienna, P. Andreas Frühwirth, ripetutamente ebbero modo di biasimare e reputarono doveroso censurare anche per iscritto presso il Maestro generale questo contegno di Denifle. La ricerca scientifica e la pubblicazione di articoli e libri gli stava maggiormente a cuore e a questa attività, accanto a quella di confessore e di predicatore, egli dedicava gran parte del suo tempo[37]. Non a caso il suo primo libro, intitolato Die katholische Kirche und das Ziel der Menschheit (1872), è frutto di sei prediche tenute nel Duomo di Graz durante la Quaresima. In particolare, però, negli anni trascorsi nel Convento di Sant’Anna a Graz, Denifle :”Si era preso l’incarico d’insegnare ai suoi studenti lingua e filologia greca per poterli mettere a contatto con Aristotele direttamente, senza l’intermediario del manualetto. Anche per la teologia vedeva la necessità di non limitarsi all’analisi dialettica dei singoli articoli, ma di risalire alle fonti da cui attinse l’Angelico Dottore, e scoprirne l’uso che ne fece”.[38] In questo senso sono da intendere gli inizi della sua produzione scientifica e soprattutto il suo interesse per la teologia mistica medioevale. Infatti : “lo studioso di Aristotele, volendo individuare il punto di contatto tra la dottrina dello Stagirita e la teologia medioevale per seguirne il reciproco influsso, venne a incontrarsi con l’origine e il primo sviluppo della teologia mistica”[39]. Nei suoi lavori sulla mistica, per sua propria ed esplicita ammissione, egli quindi non fece altro che mettere a frutto la “Anwendung der aristotelisch-scholastischen Methode auf die Geschichte”.[40] A questo ambito tematico il giovane Domenicano dedicò “tutto il decennio di Graz con molteplici pubblicazioni”[41]. Nei primi anni 70’, infatti, iniziò a pubblicare alcuni articoli scientifici e nel 1873 dette alle stampe una ponderosa raccolta, di quasi 500 pagine su Das geistliche Leben. Eine Blumenlese aus den deutschen Mystikern des 14. Jahrhunderts, di 2500 testi di mistici tedeschi del Trecento, in particolare però su Taulero e Susone, che ebbe nove edizioni in lingua originale e numerose traduzioni nelle principali lingue europee oltre che in ceco, croato e fiammingo. Nel 1875 scrisse e pubblicò alcuni articoli attorno al tema Der Gottesfreund im Oberlande und Nikolaus von Basel; poi fece dare alle stampe due lavori sull’epistolario del beato Enrico Susone, oltre ad altri due brevi scritti sullo stesso autore intitolati Seuses deutsche Schriften (München 1876 e 1878) e, infine, ma non per importanza, nel 1877 Das Buch von geistlicher Armut, bisher bekannt als Johann Taulers Nachfolgung des armen Lebens Christi e Taulers Bekehrung. Kritisch untersucht (1879) e in aggiunta ad essi una serie di articoli su Die Dichtungen des Gottesfreundes im Oberlande.[42]

      In tutti questi testi, Denifle sviluppa ulteriormente e con coerenza il discorso iniziato sotto la guida di Franz Brentano, cioè il problema che in essi emerge è quello della recezione dell’aristotelismo nella Scolastica e dopo di essa. Nel carteggio fin qui preso in considerazione, difatti, sia Brentano che Denifle, pur riconoscendo ampiamente i meriti e la grandezza speculativa dell’Aquinate, ma non della sua Scuola, ossia della Scolastica successiva, esprimono la volontà e finanche la necessità di condurne ad ulteriorità il discorso, storicizzando le stesse posizioni tomane, in ciò in pieno accordo tra di loro per quanto riguarda le preoccupazioni speculative e pratiche, cioè di riforma intra – ecclesiali. Brentano, tra l’altro, anche dopo aver abbandonato la Chiesa cattolica[43], manterrà nella sostanza la propria positiva valutazione dell’Aquinate. Difatti, in occasione della ricorrenza dell’anniversario della morte di san Tommaso, il 7 marzo del 1908, nel dare alle stampe un suo saggio, riprenderà le stesse posizioni di fondo espresse nel dialogo epistolare intercorso con Heinrich Denifle, al punto da citare e rinviare esplicitamente ad una delle lettere ricevute dal medievista di Graz. Infatti, nel testo del 1908, cioè nella sua tarda maturità, Brentano pur riconoscendo che san Tommaso «war die vorzüglichste Zierde seines Ordens», continua il discorso affermando:

    «Doch jedes gutes Streben kann sich durch Übertreibung in sein Gegenteil verkehren, und so erinnere ich mich denn eines Briefes, den mir einst Heinrich Denifle aus seinem Scholastikat nach Würzburg schrieb, und worin er mir mit gedrückter Seele erzählte, wie ihnen gelehrt werde, dass Thomas die ganze Philosophie für immer zum Abschluss gebracht habe; man könne hier nichts anderes mehr tun, als seine Lehre erklären und gegen neue Einwände schützen. Mit jenem historischen Sinn, den der verdienstvolle Herausgeber des „Chartularium Universitatis Parisiensis“ später in reichen schriftstellerischen Arbeiten bewährt hat, schien er die ganze Ungeheuerlichkeit einer solchen Behauptung zu fühlen»[44].

 Conclusione

Quali sono le conclusioni da trarre dall’analisi e dalla collazione del carteggio Brentano- Denifle? In primo luogo, e per la prima volta, dopo decenni di oblio, e si potrebbe dire finanche di fraintendimento vero e proprio del pensiero dello studioso Domenicano, dalle lettere finora reperite e prese in considerazione emerge la netta, evidente e massiccia dipendenza delle sue posizioni di fondo da quelle del filosofo tedesco Franz Brentano. E perciò il quadro espositivo che fin qui abbiamo cercato di delineare, serve a colmare una lacuna, di cui è quasi superfluo sottolineare la gravità. Nello stesso tempo, però, esso offre agli uomini di studio, agli specialisti, ulteriori argomenti di meditazione e mezzi di lavoro non facilmente reperibili, e con ciò intende contribuire direttamente non solo ad una migliore ed effettiva conoscenza delle opere dei due studiosi, ma anche al progresso delle ricerche e delle idee filosofiche e teologiche che sono state sviluppate a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Infatti, il carteggio intercorso tra i due autori, pur nella sua incompiutezza, non è un fenomeno accidentale, riconducibile ad un episodio o ad una serie di episodi della vita di Heinrich Denifle e Franz Brentano, ma è tale da poter offrire una visione più chiara ed equilibrata dei singoli aspetti che compongono la loro produzione e il poliedrico mondo dei loro rapporti personali e scientifici. E quest’ultimo è caratterizzato, alla luce dei dati forniti dal materiale inedito, fin qui trascritto ed analizzato, che va dal 1867 al 1871, da una unità di intenti, di criteri e di impostazione scientifica. Il loro significato e il loro peso, poi, vista l’importanza dei temi affrontati e degli autori presi in esame, va al di là del singolo, contingente, rapporto e illustra, ponendo in risalto aspetti finora sottovalutati o semplicemente obliterati, un capitolo fondamentale di storia della filosofia e di una storia che riguarda tutta la cultura europea in una sua fase di profonda trasformazione, con eventi culturali che hanno connotato un’epoca e sono a monte di non poche correnti ed indirizzi filosofici tuttora operanti e che da Franz Brentano o da Heinrich Denifle in un modo o nell’altro hanno tratto l’abbrivio.


[1]  Cfr. per una sintetica, ma efficace, panoramica della letteratura più recente che gravita attorno a Franz Brentano, L. Albertazzi, Introduzione a Brentano, Bari, Laterza, 1999, pp. 133-184. In Italia, tra l’altro, di recente è stata tradotta e data alle stampe una delle opere principali di Brentano, a cura di L. Albertazzi, e cioè La psicologia dal punto di vista empirico, Bari, Laterza 1997, 3 voll.  Sulla scuola di Brentano, cfr. il volume collettaneo – che offre un primo quadro d’insieme dei principali autori e correnti di pensiero che si richiamano al filosofo di Aschaffenburg  – di L. Albertazzi, M. Libardi, R. Poli, a c. di, The School of Franz Brentano, Dordrecht-Boston-London, Kluwer Academic Publisher, 1999 (con contributi, oltre a quelli dei curatori, di K. Schumann, P. Bozzi, P. Simons, B. Smith, J. Wolenski, ecc.), dove tuttavia Denifle non viene menzionato.

[2] Ludwig Schütz (1838 -1901), autore di un Thomas-Lexicon (Paderborn 1881) ancor oggi di utilità, docente di filosofia a Trier dal 1868 al 1897, co-fondatore, assieme a Georg von Hertling e Paul Leopold Haffner, della Görres-Gesellschaft zur Pflege der Wissenschaft im katholischen Deutschland. Su di lui, cfr. F. Lauchert, in “Lexicon für Teologie und Kirche”, Herder, Freiburg i. Br., 1964, Bd. IX, col. 522.

[3] Georg von Hertling (1843-1919), insieme a Clemens Baeumker e Martin Grabmann, dette vita alla monumentale serie Beiträge zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters, München 1891ss. Fu uno dei primi allievi di Brentano a Würzburg già dal semestre invernale 1866/67 ed uno studioso «di alto valore per il pensiero cristiano e per il progresso del tomismo» (C. Fabro, Introduzione a san Tommaso, Milano, Ares 1983, p. 259). Dopo i suoi studi universitari a Münster, in particolare alla scuola di Franz Jakob Clemens, poi a München e a Berlino, egli conseguì il dottorato nel «1864 in Berlin bei Trendelenburg und habilitierte sich 1867 in Bonn, beide Male mit Arbeiten über Probleme der aristotelischen Philosophie, auf die ihn der mit ihm verwandte Würzburger Philosoph Franz Brentano …hingewiesen hatte“ (P. Walter, Die neuscholastische Philosophie im deutschsprachigen Raum, in E.Coreth – W.M. Neidl – G.Pfligersdorfer, hrsg. von, Christliche Philosophie im katholischen Denken des 19. und 20. Jahrhunderts, Bd. 2, Graz, Verlag Styria, 1988, p.184). Hertling, nel riandare con la memoria agli inizi della propria formazione universitaria, così dice :«Durch meinem Verkehr mit Geistlichen war ich immer wieder auf die Philosophie hingewiesen und mir eine feste philosophische Grundlage als beste Mitgift für jede Berufstätigkeit empfohlen worden…Zum ersten Male setzte jetzt der Einfluss ein, der sich demnächst so bedeutungsvoll für mein Denken und meine Lebensgestaltung erweisen sollte. Er kam von Franz Brentano, dem älteren Sohn von Christian Brentano, welcher der jüngste Bruder meiner Grossmutter war» (Georg von Hertling, Erinnerungen aus meinem Leben, Bd. 1, Verlag der Jos. Kösel’schen Buchhandlung, Kempten-München 1919, p.21). Sul rapporto von Hertling-Brentano, cfr. W. Becker, Georg von Hertling (1843-1919), Bd. 1, Mainz, Matthias Grünewald 1983, pp. 52-54; 67-69; 158-162, ecc. Hertling, tra l’altro, recensì il testo di Brentano sulla psicologia di Aristotele. In merito, cfr. la recensione, apparsa anonima, ma sicuramente attribuibile a Hertling, in “Der Katholik”, 47/II (1867), pp. 67-91. Sulle vicende relative a questo testo, si veda  W. Becker, op. cit., p. 152 : «1867 öffnete ihm /cioè a Georg von Hertling/ Heinrich die Spalten des „Katholik“ zu einer langen Besprechung von Franz Brentano Schrift über die Psychologie des Aristoteles».

[4] Herman Schell (1850-1906) viene ormai quasi comunemente considerato come un precursore del Concilio Vaticano II. Dal 1870 studiò all’Università di Würzburg, dove conseguì il dottorato, nel 1872, sotto la guida di Franz Brentano, con una tesi dal titolo Über die Einheit des Seelenlebens aus den Prinzipien der aristotelischen Philosophie. Egli «hörte Brentanos philosophische, psychologische, metaphysische und geschichtsphilosophische Vorlesungen, trat mit ihm persönlich und brieflich in Kontakt und wurde so auch belastet mit seinen Problemen und Zweifeln über Glaube, Inkarnation und Trinität, wie das auch die anderen Brentano-Schüler C. Stumpf und A. Marty gestehen» (J. Hasenfuss, Herman Schell als Wegbereiter zum II. Vatikanischen Konzil. Sein Briefwechsel mit Franz Brentano und Nachschriften seiner Vorlesungen über Friedrich Nietzsche, über christliche Kunst und über Fundamentaltheologie, Paderborn, Schöningh 1978, p.16.).

[5] Sul suo controverso, ma in ogni caso decisivo, contributo alla Lutherforschung, cfr. l’autorevole giudizio di uno studioso di Lutero e storico della Chiesa, già docente di Kirchen-und Dogmengeschichte presso l’Università di Hamburg, come B. Lohse, Martin Luther. Eine Einführung in sein Leben und sein Werk, München, C. H. Beck’sche Verlagsbuchhandlung, 1981, pp. 241-242 :«Beispiele der traditionellen Vorurteile gegen Luther bieten noch die grossen Luther-Darstellungen von dem Dominikaner H. Denifle und dem Jesuiten H. Grisar zu Anfang des 20. Jahrhunderts. Dabei hat Denifle zugleich der Lutherforschung ausserordentlich wichtige Impulse gegeben: er hat eigentlich als Erster die Frage nach dem reformatorischen Neuen im Vergleich mit dem Mittelalter wissenschaftlich gestellt und erörtert…Die Schärfe und Leidenschaft der Polemik gegen Luther hat den wichtigen Beitrag, den Denifle trotzdem geleistet hat, in den Hintergrund treten lassen». Da parte cattolica, poi, si veda R. Garcia Villoslada, Radici storiche del luteranesimo, Brescia, Morcelliana 1979, p. 11: «Il nome di Heinrich S. Denifle (1844-1905) deve figurare in ogni storiografia riguardante Lutero e il luteranesimo. Il suo libro, tanto erudito quanto violento e appassionato, apparso nel 1904, apre il sipario sul Medioevo, facilitando così lo studio delle radici teologiche del luteranesimo, ma rimase sfortunatamente incompiuto per la morte dell’autore». Anche O. H. Pesch, nel suo lavoro Hinführung zu Luther, Mainz, Matthias Grünewald 1982, p. 83, riconosce ampiamente i meriti di Denifle per quanto riguarda lo studio delle fonti medioevali di Lutero, e infatti afferma che «…schon 1906 (?) konnte Heinrich Denifle schadenfroh feststellen :”Die protestantische Theologen sind bis heute weder über die Genesis von Luthers nachmaligem Abfall noch über den Zeitpunkt desselben auch nur irgendwie ins Reine gekommen”. Mit dieser Bemerkung, die ihrerseits bereit das Fazit der Diskussion in der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts zieht, setzt eine neue Diskussion ein, die immer noch nicht beendet ist, geschweige denn ein allseits angenommenes Ergebnis gezeigt hätte».

[6] Per un quadro d’insieme sulla figura e sull’opera di Denifle, cfr. P. A. Redigonda, Il P. Enrico Denifle O. P. 1844-1905. Cenni biografici e alcune lettere, Firenze, Il Rosario 1953; W. Maleczek, Vom Grazer Dominikanerkloster ins Vatikanische Archiv. Heinrich Denifle OP (+ 1905) und die Erforschung des mittelalterlichen Papsttums, in H.Ebner, H. Haselsteiner und I. Wiesflecker-Friedhuber, Geschichtsforschung in Graz. Festschrift zum 125-Jahr-Jubiläum des Instituts für Geschichte der Karl-Franzens-Universität Graz, Graz 1990, pp. 403-415 e I. W. Frank, Heinrich Suso Denifle, o. p.(1844-1905), in “Mémoire Dominicaine”, 4, 1994, pp. 117-128.

[7] A. Walz, Analecta denifleana I-III, in “Angelicum”, 32, 1955, p. 125. Tuttavia il p. Walz dice erroneamente di Brentano che era «bereits Priester» nel 1862, mentre egli venne ordinato sacerdote soltanto nel 1864 a Würzburg (cfr. Die Universität Würzburg und das erste vatikanische Konzil, dargestellt und hrsg. von Th. Freudenberger, Neustadt a. d. Aisch, Verlag Dener 1969, p.135:«… trat er in das Priesterseminar Würzburg ein. Am 6. August 1864 empfing er die Priesterweihe»). In quest’errore il Walz incorre anche nella sua biografia dedicata alla figura e all’opera del Frühwirth, Cardinale e Maestro generale dell’Ordine dei Frati Predicatori. In merito cfr. A. Walz, Andreas Frühwirth (1845-1933). Ein Zeit-und Lebensbild, Wien, Herder 1950, p. 37, dove si dice :«Mit dem bereits als Priester eintretenden Brentano unterhielt Denifle lebhaften Gedankenaustausch. Der hervorragende Aristoteles-Kenner mag den jungen Mitbruder so recht zum Studium des Aristoteles veranlasst haben…». Lo stesso P. A. Redigonda, Il P. Enrico Denifle O.P. 1844-1905, op. cit., p. 8, incorre nella medesima distrazione del Walz quando afferma: «Il 18 giugno 1862 aveva preso l’abito domenicano nel convento di Graz il dotto Franz Brentano, venuto dal clero secolare». Per quanto riguarda il noviziato di Denifle, cfr. anche  W. Maleczek, Vom Grazer Dominikanerkloster ins Vatikanische Archiv. Heinrich Denifle OP (+ 1905) und die Erforschung des mittelalterlichen Papsttumsop. cit., p. 404 :«Das Noviziat war dem Grazer Kloster zugewiesen. Als Denifle dort 1861 eintrat und den Ordernsnamen Heinrich Suso erhielt, leitete den Konvent als Prior der aus Ligurien stammende P. Tommaso Anselmi, der mit kurzen Unterbrechungen diese Funktion bis zu seinem Lebensende (15. Juli 1890) ausfüllen sollte. Unter den damaligen Mitnovizen verdienen besonders Beachtung : Franz Brentano, der hervorragende Kenner des Aristoteles..».

[8] Cfr. Liber  Receptionum Novitiorum….S. Annae Graecensi Sacri Ordinis Predicatorum. A 19. Septembris usque ad 15 Augusti 1871, Graz, 1871, p. 71.

[9] P.A. Redigonda, op .cit., p. 8.

[10] Ibidem, p. 10, ma anche le pp. 13-14. Cfr. in proposito anche A. Walz, art. cit., p. 125:«Aristoteles war sein Lieblingsautor» e inoltre si veda W. Maleczek, art. cit., p. 404, che di Denifle, rifacendosi allo studio di Redigonda, dice: «Im Herbst 1869 nach Steinamanger (Szombathely) als Professor der dortigen Ordensstudium versetzt, fiel er auf, weil er die deutsche Philosophie und Theologie der traditionellen Thomasinterpretazion vorzog».

[11] Il Walz, art. cit., p. 322, riferisce, tra l’altro, che :«Grabmann vermerkt aus Denifles Nachlass ‚ «ein Manuskript Denifles über Metaphysik, in welchem er sich auch mit Franz Brentano, der einige Zeit sein Mitnoviz gewesen war, auseinandergesetzt hat». E rinvia, come fonte documentaria, al testo di M. Grabmann, Das christliche Lebensideal nach Thomas von Aquin und P. Heinrich Denifle, in „Historisch-politische Blätter“, 138 (1906), p.10.

[12] Cfr. F. Brentano, Gesuch an das Staatsministerium d. Inn. f. Kirchen- u. Schul-Angelegenheiten um Ernennung zum a. o. Professor, 26.Juni 1870, ora riprodotta in Th. Freudenberger, op. cit., pp. 454-455 :«Ich kann mir das Zeugnis geben, dass ich….eine Zahl von Schülern aufzuweisen habe, die bereits selbst als Professoren oder Privatdocenten Lehrstühle der Philosophie einnehmen. Zu ihnen gehört…P. H. Denifle, Lector der Philosophie in Steinamanger (Ungarn)».

[13] A. Walz, art. cit., p.140.

[14] J. Köhler, Denifle, Heinrich Seuse (1846-1905), In „Theologische Realenzyklopädie“, Bd. XIV, 1985, p.492 :“Auch um die Lutherforschung hat sich Denifle, so unglaublich das klingen mag, Verdienste erworben. Allein die gewaltige Arbeit über Die abendländischen Schriftsausleger bis Luther über Justitia Die (Röm. 1, 17) und Justificatio. Quellenbelege, die Denifle leider erst der zweiten überarbeiteten Auflage seines Lutherbuches beigab (1904), würde genügen, seinen Namen für die Lutherforschung aller Zeit zu verewigen“.

[15] Ludwig Bertrand Adler (o anche come nome conventuale Franz Isidor Adler), «in Aschaffenburg in Bavaria die 28 februarii 1837 ex legitimo connubio Mosis Adler et Margarita Fulda judaismo addictis natus et die 15 octobris 1855 ad fidem catholicam conversus, de numero illorum fuit quos Deus sibi elegit ad restaurandas observantias religiosas in Provincia Imperii.

Cursu litterarum humaniorum expleto, laudabiliter subiit mense octobris 1857 examen admissionis in seminarium clericorum Herbipolense, in quo studiis theologicis sub illustrissimis professoribus Hettinger, Hergenröther et Denzinger dedit operam…Sacerdotio d. 25 martii 1860 initiatus, curae animarum Germanorum catholicorum Londini degentium cum magno zelo per triennium allaboravit, seque sacerdotem virtutibus ecclesiasticis optime praedictum exibuit, ut testatur Cardinalis Wiseman Archiepiscopus Westmonasteriensis. Die 14 Maii 1863 habitum O. P. Dominici induit in conventu Graecensi. Ordinem professus, officiis sub-magistri novitiorum, cooperatoris parochiae ad S. Annam et syndici summa assiduitate functus est. Austeritatem Ordinis fidelem et exemplar omnibus se praebuit Cassoviae 1867-1869 et Sabariae 1869-1871, qua prior et restaurator vitae communis et regularis observantiae. Graecium a. 1871 reversus per duos annos exegesim et linguas orientales tradidit in collegio nostro generali. In conventu Viennensi a. 1873 assignatus, omnia munera exercuit aequa modestia. Magister clericorum emeritus, conventus Viennensi ter prior, laurea lectoris insignitus, in omnibus scientiis apprime eruditus, orationis studio eminens, subditos suos omnes exemplis et verbis ad pietatem et legum observantiam informavit. Aetate et laboribus exhaustus, Pragam se contulit a. 1898, inde Graecium a. 1900, ibique pneumonia correptus, ecclesiae sacramentis piissime receptis, fratribus qui Salve Regina decantabant circustantibus, placidissime d. 2 Januarii 1907, hora quinta post meridiem, ebdormivit in Domino. Fuit vir magnae perfectionis et sanctitatis (excursus biografico manoscritto, in Chronik des Dominikaner Conventus St. Anna in Graz ab 1902, Bd. 1). Brentano, da parte sua, «gern gedachte…seines Jugendfreund, des Dominikanerpriors Adler, der, jüdischer Abstammung, durch ihn dem Christemtum zugeführt worden war und der noch in seiner Sterbestunde den Freund, in sein Gebet, einschloss» (O. Kraus, Franz Brentano, Beck, München 1919, pp. 79-80).

[16] Si tratta dell’opera di F. Brentano, Von der mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles, Herderische Verlagshandlung, Freiburg i. Br. 1862. Questo testo, tra l’altro, è tuttora presente nella biblioteca del convento dei Domenicani di Graz, che comprende gran parte della biblioteca privata di Denifle (cfr. W. Maleczek,  Vom Grazer Dominikanerkloster ins vatikanische Archiv. Heinrich Denifle OP (+ 1905) und die Erforschung des mittelalterlichen Papsttumsart. cit., p. 405, nota 10), nelle sue sezioni riguardanti l’Università di Parigi confluita nella biblioteca della Pontificia Università San Tommaso, cioè nell’Angelicum di Roma.

[17] Anche questo volume, intitolato Die Psychologie des Aristoteles, insbesondere seine Lehre vom noûs poietikós. Nebst einer Beilage über das Wirken des aristotelischen Gottes, Verlag von Franz Kirckheim, Mainz 1867, è presente, in due esemplari, nella biblioteca del convento di Graz.

[18] H. Denifle, in una lettera datata 24/V/1868 afferma : «wer könnte mir also in dieser Angelegenheit mehr behilflich sein als Sie?».

[19] Così si esprime, scrivendo, ad esempio da Kaschau, il 6. XII, 1868, ma anche in un’altra lettera inviata da Vienna, il 2.II.1869, dove parla esplicitamente della sua «Aufgabe u. Stellung als Schüler Ihnen gegenüber» (cioè nei confronti di Brentano).

[20] Lettera di Denifle a Brentano del 25. II. 1869.

[21] Denifle venne mandato dai suoi superiori a Roma nel marzo del 1869 per completarvi i propri studi (cfr. in merito P. A. Redigonda, Il P. Enrico Denifle O. P., op. cit., pp. 10-13). Tuttavia, non ottenne mai di superare l’esame da Lector nella capitale, ma in Francia. Stando a quanto riferisce il Walz, nel suo volume su Andreas Frühwirth, op. cit., p. 65 :”Vom 8. Juli bis Ende Oktober dauerte der Aufenthalt in Südfrankreich. P. Denifle folgte seinem Landsmann Frühwirth. Er sollte in Saint-Maximin lektorieren. Eigentlich hätte er in Rom sein Lektorat machen sollen. Doch durfte er sich dort dazu nicht stellen. Denn in Rom wäre er nicht durchgekommen. Er hatte sich oft zu vorlaut ausgesprochen, was man ihm verübelt hatte“. Ancora in una lettera del dicembre 1871, a ulteriore dimostrazione del clima di sospetti e di ostilità che serpeggiava tra i Domenicani nei confronti delle posizioni di Denifle, il comune amico Ludwig Adler O. P. scrive a Brentano :”Sei so gut, u. antworte dem P. Heinrich bald auf seinem Brief, sprich aber niemanden davon, u. am besten ist es den Brief nach der Beantwortung zu vernichten“.

[22] Su di lui cfr. A. Lobato, a c. di, Giovanni di san Tommaso O. Nel IV Centenario della sua nascita (1589). Il suo pensiero filosofico, teologico e mistico, Roma Pontificia Università s.Tommaso d’Aquino, 1989 (con contributi di C. Fabro, H. Seidl, J. Maritain..) e in particolare il saggio di C. Fabro, Il posto di Giovanni di S. Tommaso nella Scuola Tomistica, pp. 56-90.

[23] Riguardo a Bern. Mar. De Rubeis, Denifle afferma: „Es wird Sie vielleicht freuen, wenn ich in Bezug auf Ihre Lehre vom noàj poietikÒ» einen Thomisten aus unserem Orden, den grossen Bern. Mar. De Rubeis, der, wenn ich nicht falsch verstehe, ganz dasselbe lehrt in seinem: De gestis, scriptis ac doctrina s. Thomae Aquin./:Venetiis 1750:/ dissertatio 19. c.2“ (Lettera a Brentano del  22/XI/1867).

[24] Denifle afferma testualmente : “Vor allem danke ich Ihnen für das Interesse, dass Sie… für mich zeigen“.

[25] In proposito il testo riporta :”mir scheint im Gebrauche dieser Begriffe eine grosse Verwirrung zu liegen”.

[26] Riferendosi alla necessità di studiare gli autori in questione nella lingua originale e direttamente attraverso i loro testi, cioè non servendosi della letteratura secondaria, Denifle ribadisce la convinzione di voler affrontare :“jedes philos. System, u. jeden Philosophen durch seine Vergangenheit…nicht durch seine Commentatoren, sondern durch die Quellen, aus seinen Schriften commentieren”.

[27] Denifle in merito afferma :“Möchte ich gerne Ihre Ansicht…dargelegt haben über das Verhältniss der Philos. zur Theolog. u. ebenfalls Ihr Urtheil vernehmen über die jüngsten Vorfälle zwischen Kleugten u. Dieringer”. E, poi, in riferimento a Platone, dice :”Hat Plato von den Seelen, die er gleich …im Körper wohnen lässt, auch, gleichsam von anderen Dingen Ideen angenommen, oder wohnten die Seelen schon irgend eine Idee? U. sind Sie der Meinung, Plato habe ..subsistierenden Idee, die Ideen im Verstande Gottes angenommen?”.

[28] Questa Handschrift redatta in Current, di circa 951, è stata ritrovata di recente nel monastero domenicano di Graz, nella biblioteca che fu in gran parte quella di Denifle. Sul ritrovamento e sul contenuto della Abschrift in questione cfr. il breve resoconto di G. Grandi, Entdeckung einer Geschichte der Philosophie von Franz Brentano. Anmerkungen und Forschungsperspektiven, in „Nachrichten“, Forschungsstelle u. Dokumentationszentrum für Österreichischen Philosophie, 9, 1998, pp. 92-97, in particolare p. 92 :“ Bereits im Jahre 1997 entdeckte Antonio Russo, Professor für Philosophie der Geschichte in Triest, im Grazerdominikanerkloster ein Buch von Franz Brentano, das mit «Geschichte der Philosophie» betitelt ist. Es handelt sich um eine 951 Seiten lange Handschrift in Current, die die Geschichte der Philosophie, von der antiken Philosophie bis zu Herbart und Trendelenburg, zum Inhalt hat….Eine Anmerkung auf der ersten Seite verweist auf dem Inhalt jener Vorlesung, die Brentano im Wintersemester 1866/67 in Würzburg hielt“.

[29] Nelle Lezioni di metafisica (Würzburger Metaphysikvorlesungen, Brentano Nachlass, Ms. M 96), che egli tenne a Würzburg nell’arco di tempo compreso tra il 1867 e il 1873, Brentano intendeva la Transzendentalphilosophie come quella parte della metafisica che si occupa della “difesa dei principi di ragione contro scettici e critici” e così, a partire non da categorie ontologiche, ma sganciata da ogni condizionamento preliminare di tipo metafisico, “fornisce le fondamenta gnoseologiche su cui si sviluppa l’intero edificio metafisico” (M. Antonelli, Alla radici del movimento fenomenologico. Psicologia e metafisica nel giovane Franz Brentano, Pitagora editrice, Bologna 1996, p. 234). In altri termini, il rapporto tra psicologia e metafisica viene risolto da Brentano a partire da una psicologia dal punto di vista empirico (1874), la quale viene ad essere fondante rispetto alla metafisica. Sul contenuto e sull’articolazione precisa delle Lezioni di metafisica, tuttora inedite, risultato dell’insegnamento tenuto a Würzburg, cfr. M. Antonelli, op. cit., pp. 233-320.

[30] Brentano si muove qui nella linea, mediatogli da Trendelenburg, che sin dai primi anni 60’ caratterizza in maniera inequivocabile i suoi studi, cioè l’interesse congiunto per Aristotele e per il suo insuperato commentatore san Tommaso. Aveva, infatti, seguito le lezioni a Berlino dello studioso di Aristotele Adolf Trendelenburg e poi si era sempre di più accostato, inizialmente dietro impulso dello stesso Trendelenburg, “agli acuti commenti di Tommaso d’Aquino, nei quali Aristotele si trova esposto con maggior esattezza di molti commentatori posteriori” (cfr. F. Brentano, Aristoteles Lehre vom Ursprung des menschlichen Geistes, Leipzig 1911, pp.1s., nota 1). Anche dal proprio contesto familiare riceve le stesse sollecitazioni (Cfr. In merito, W. Becker, op. cit., p. 52 : «Der nach Darmstadt und nach Aschaffenburg in die Familie Christian Brentanos wirkende Kreis um Kettelers Mainzer Priesterseminar hatte den Ehrgeiz entwickelt, gegenüber der vom liberalen Protestantismus und der nationalen Bewegung beeinflussten Philosophie des Idealismus die alten Denkschulen des christlichen Mittelalters wieder zu beleben»). Secondo il Becker (op. cit., p. 52, nota 183), «so hatte sich 1850 die vom zweiten Mainzer Kreis (Moufang, Haffner) übernommene Redaktion des „Katholik“ der verstärkten Erörterung der „Prinzipienfragen“ zugewandt, um 1859 kam es zur Kontroverse mit der idealistischen inspirierten „Tübinger Theologischen Quartalschrift“.». Si venne perciò a creare un clima che «kirchlich und geistig herrschte im Mainzer Kreis, aber auch im nördlichen Rheinland, so weit es vom katholischen Belgien und Frankreich beeinflusst war, der Bruch mit der Aufklärung vor. Bei den Elsässer Jesuiten hatte die Kontinuität der scholastischen Lehrtradition sich bewahrt; durch das Mainzer Priesterseminar wurde diese alte Tradition auf deutschem Boden neu eingepflanzt» (ivi, pp. 36-37). Il seminario vescovile di Mainz venne riaperto dal vescovo Ketteler nel 1851, che ne affidò la direzione a Christoph Moufang, contemporaneamente incaricato anche dell’insegnamento della teologia morale. In proposito, cfr. L. Berg, Christoph Moufang als Moraltheologe, in “Jahrbuch für das Bistum Mainz“, 4, 1949, pp. 101-114; su Moufang si veda anche J. Götten, Christoph Moufang. Theologe und Politiker 1817-1890. Eine biographische Darstellung, Mainz 1969, pp. 37, 45, 115. Sui rapporti tra la famiglia di Christian Brentano e il vescovo Ketteler, cfr. L. Brentano, Mein Leben im Kampf um die soziale Entwicklung Deutschlands, Jena, Eugen Diederichs Verlag, 1931, pp. 36, 57ss., 69; poi F.Vigener, Ketteler. Ein deutsches Bischofsleben des neunzehnten Jahrhunderts, Roldenbourg Verlag, München u. Berlin 1924, p. 579, dove si parla di «Ketteler, der den Brentanos befreundet war». Anche il giovane Brentano si muove nel senso di un deciso rigetto dell’idealismo tedesco e di una nuova comprensione di Aristotele e con ciò per lui «um eine sachgerechtere Thomas-Interpretation ging, als die scholastische Aufklärung sie geben konnte» (J. Nettesheim, Christoph Bernhard Schlüter und Franz Brentano. Zwei unbekannte Briefe Brentanos, in „Zeitschrift für Philosophische Forschung“, 2, 1962, p. 285). Tale intento, che caratterizza la formazione giovanile di Brentano, è possibile ricavarlo da alcune lettere che egli scambia, tra il 2 giugno 1861 e il 16 febbraio 1863, con Christoph Bernhard Schlüter e inoltre dalla corrispondenza intercorsa tra la poetessa Luise Hensel – fedele amica di Clemens Brentano e della zia di Franz, cioè Frau von Savigny nata Gundel Brentano – e lo stesso Schlüter, il quale a sua volta si confida in merito con la propria sorella  Therese. Da questi carteggi vien fuori che il giovane Brentano, dopo aver studiato Aristotele a Berlino sotto la guida di Trendelenburg, si reca nel semestre estivo del 1959 a Münster per sentire le lezioni di filosofia del prof. Franz Jakob Clemens (1815-1861), allo scopo di farsi “tiefer in den Thomas von Aquin einführen” (Lettera di Ch. B. Schlüter alla sorella Therese del 23 maggio 1859, cit. in J. Nettesheim, art. cit., p. 285). Per questo motivo, viene raccomandato da Luise Hensel al filosofo Christoph Bernhard Schlüter (1801-1884), che ebbe tra i suoi discepoli lo storico della filosofia neoscolastica C. Baeumker. Su Schlüter e gli inizi della Neoscolastica in Germania, cfr. J. Höfer, Zum Aufbruch der Neoscholastik im 19. Jahrhundert: Christoph Bernhard Schlüter, Franz von Baader und Hermann Ernst Plassmann, in „Historisches Jahrbuch“, 72, 1953, pp. 410-432; poi J. Nettesheim, Christoph Bernhard Schlüter über Franz Xaver von Baader, in „Philosophisches Jahrbuch“, 65, 1957, pp.245-250 e della stessa autrice Anton Günther (1783-1863) und der Schlüter-Kreis in Münster, in „Archiv für Geschichte der Philosophie“,  44, 1962, pp. 283-312. Schlüter viene considerato „einen Wegbereiter für die westfälischen Neuscholastiker Plassmann und Kleugten“ (P. Walter, Die neuscholastische Philosophie im deutschsprachigen Raum, art. cit., p. 132). Con Schlüter Brentano avrà frequenti e regolari contatti personali durante tutto il periodo della sua permanenza nella città della Westfalia, dove rimarrà non un solo semestre, come era nel suo progetto iniziale, ma perlomeno fino al 15 marzo 1861, nonostante il suo maestro Clemens nel frattempo cada gravemente ammalato e si rechi nel sud della Francia per riposarsi. Rivolgendosi epistolarmente a Schlüter, il 16 febbraio 1863, da München, Franz Brentano si sofferma sui punti nodali del suo primo lavoro scientifico, cioè della sua tesi dottorale, e ammette che con Aristotele, nonostante la sua grandezza, la filosofia greca raggiunge il suo acme e nello stesso tempo però volge anche al tramonto, tanto che : “nach ihm welken schnell und verfallen die Blühten, die sich in Plato so schön und freudig entfalteten…So bleibt er wohl gross und grösser…aber in Einem muss er dem Plato weichen, einen so grossen Schüler hatte er nicht erweckt, wenigstens zu seinen Zeiten nicht mehr, wenn wir auch wohl über Jahrhunderte hinwegschreitend in dem h. Thomas von Aquin einen solchen erkennen mögen. In seiner Anerkennung kommen wir beide wieder überein“ (Lettera di Franz Brentano a Christoph Bernhard Schlüter, riprodotta integralmente in J. Nettesheim, art. cit., p. 295).

[31] Cfr. P. A. Redigonda, op. cit., p. 12.

[32] Ibidem, in cui si cita una lettera del priore del convento di Graz, p. Tommaso Anselmi, indirizzata al Padre Maestro generale dei Frati Predicatori, p. Jandel, in data 21 ottobre 1869, Archivium generale Ordinis Predicatorum, XIII, 174. In merito cfr., inoltre, L. v. Pastor, Tagebücher, Briefe, Erinnerung, hrsg. von W. Wühr, Heidelberg 1950, p. 431. Anche sotto questo aspetto le posizioni di Denifle erano in sintonia con quelle di Franz Brentano, che proprio in quegli anni, e cioè nell’agosto del 1869, redigeva una prima Denkschrift zur Unfehlbarkeitsfrage in cui prendeva posizione contro la definizione del dogma dell’infallibilità. Su queste vicende, sull’importanza e sulla diffusione del testo brentaniano, cfr. Franz Brentano und das vatikanische Konzil, in Th. Freudenberger, op. cit., pp. 133-225 e 407-469. Il testo manoscritto di Denifle, tuttora inedito, è conservato nell’archivio privato del convento dei Domenicani di Graz.

[33] Lettera cit. in P. A. Redigonda, op. cit., p.13, in cui si fa riferimento anche ai timori espressi in merito dallo stesso p. L. Adler, amico e diretto superiore di Denifle a Sabaria.

[34] Si vedano in proposito le due lettere del p. Tommaso Anselmi  datate 18 e 21 luglio 1870, in Archivio generale Ordo Predicatorum, XIII, 175. Per il Redigonda, il p. Anselmi, in queste ed altre circostanze simili, “facilmente…dava corpo alle ombre, e poi schiettamente rivelava a Roma pensieri e giudizi non ben controllati e assodati”(op. cit., p. 13). Ma, sulla base delle lettere fin qui esaminate, è possibile comprendere le preoccupazioni del priore di Graz e valutare appieno, e ben diversamente rispetto a quanto supposto dal p. Redigonda, le tendenze dottrinali dello stesso Denifle, che tra l’altro, proprio in quegli anni, redigeva una quasi-trattato di filosofia, a tutt’oggi ancora inedito.

[35] P. A. Redigonda, op. cit., pp. 13-14.

[36] Ivi, p. 14.

[37] W. Maleczek, art. cit., p. 405: “Denifle war in diesen Jahren ein viel gefragter und eifriger Prediger…..Der junge Dominikaner war ausserdem ein begehrter Seelenführer, besonders hochgestellter Damen, und verfügte über Beziehungen bis ins Kaiserhaus“. Cfr., in merito alle stesse questioni, i testi a cui fa riferimento Maleczek, e precisamente : A. M. Weiss, Worte gesprochen bei der Leichenfeier für den hochwürdigen Herrn P. Heinrich Denifle, München 1905, p. 5 e poi M. Grabmann, P. Heinrich Denifle O. P. Eine Würdigung seiner Forschungsarbeit, Mainz, 1905, pp. 5-6.:“Denifle war auch ein geachteter und gesuchter Seelenführer in Spendung des Busssakramentes. Er verwaltete dieses Amt mit großem Eifer. Namentlich waren es Damen aus hohem Adel, die sich der weisen Leitung des gelehrten und schlichten Dominikanerpaters unterstellten. Aus dieser Grazer Zeit stammen Denifles Beziehungen zum österreichischen Adel bis hinauf zum Kaiserhaus“.

[38] P. A. Redigonda, op. cit., p. 14.

[39] Ivi, p. 17. Cfr. anche A. Walz, Analecta denifleanaart. cit., pp. 126-127, ma in particolare p. 127 :”bereits an grössten Meistern des Gedankens wie Aristoteles und Thomas gebildet, schlug ihn mit ihrer analytischen und positiven Methode auch die deutsche Forschung und Wissenschaft in ihren Bann. Er wurde sogar verdächtigt, zu sehr dem deutschen Geist verhaftet zu sein gegenüber den amtlichen Thomismus und vor 1870 die päpstliche Unfehlbarkeit nicht anzunehmen…Von der Beschäftigung mit Aristoteles lenkte er den Blick auf die Aristoteleserklärer der Scholastik; von diesen zu den Mystikern“.

[40] H. Denifle, Luther und Luthertum in den ersten Entwicklung quellenmässig dargestellt, Bd. ½, ergänzt u. herausgegeben von P. Albert M. Weiss, Mainz, Kirchheim 1904, p. 853, Anm. 1; poi H. Grauert, P. Heinrich Denifle, O. P., Freiburg i. Br. 1906, p. 31.

[41] P. A. Redigonda, op. cit., pp. 17-18.

[42] In “Zeitschrift für deutsches Altertum und deutsche Literatur”, 24, 1880, pp. 200-219; 280-300; 301-324; 373-540.

[43] Su alcune delle vicende che portarono Franz Brentano ad abbandonare la Chiesa cattolica, cfr. ora M. Goes, Zum Kirchenaustritt Franz Brentanos, in “Mitteilungen aus dem Stadt-und Stiftsarchiv Aschaffenburg”, 6, 1999-2001b, pp.145-150, che tuttavia si limita quasi esclusivamente a documentare con materiale d’archivio la procedura formale seguita dal filosofo tedesco, dal 1873 fino al 1879, nel rinunciare al suo “Priesteramt und seine Professur” e poi “für den nächsten logischen Schritt, den Kirchenaustritt”(ivi, p. 145).

[44] F. Brentano, Thomas von Aquinart. cit., p.15.